David Cronenberg firma The Shrouds, il film sull’elaborazione del lutto che illude tutte le premesse.
Di cosa parla?
Karsh (un Vincent Cassel che assomiglia a Cronenberg) è un ricco imprenditore che, a seguito della scomparsa della moglie Becca (Diane Kruger), sviluppa una tecnologia innovativa e controversa, la GraveTech, che consiste in dei sudari (da qui il titolo shrouds, sudari in inglese) con cui i vivi possono monitorare il decadimento dei corpi dei loro cari. Il protagonista però non riesce a superare il lutto ed è ossessionato dalle apparizioni oniriche della moglie orribilmente mutilata. Da qui entrano in gioco hacker, eco-terroristi, medici, lo strano cognato di Karsh, Maury (Guy Pearce), la sorella di Becca, Terry (sempre Diane Kruger) e una coreana, Soo-min (Sandrine Holt), che si propone di costruire un cimitero a Budapest. Aggiungiamo anche un avatar doppiogiochista (con la voce della moglie deceduta), un possibile intrigo politico dei servizi segreti russi e/o cinesi e un triangolo amoroso. Un mix che definire letale è un eufemismo.

Una trama confusa
The Shrouds parte da un’idea morbosa ma interessante: trovare conforto nella morte di una persona cara guardando il suo corpo in decomposizione. È superfluo dire che, anche solo leggendo la trama dell’opera, ci sia una grossa confusione di base. Per quanto l’idea del racconto sia forte e interessante, oltre che legata al lutto del regista, il risultato non è altrettanto efficace. The Shrouds si configura come un film visionario e disturbante, ma subisce una battuta di arresto immediata, contorcendosi in un dedalo di sotto trame che non trovano mai un raccordo. Buona parte del film non funziona, cambia ritmo, cambia i toni passando da attimi di tensione, asfissia e angoscia a un thriller politico noioso e piatto.
David Cronenberg ha da sempre esplorato e sviscerato il rapporto tra corpo e tecnologia, andando oltre alla percezione della morte segnando le sue opere come vere rappresentanti del body horror. Qui le mutazioni, le mutilazioni e la decomposizione dei corpi però assumono un senso grottesco, quasi fastidioso, come attributi posticci di una storia che fatica a trovare un senso.

Il senso della morte in un’era digitale
Tra visioni oniriche e intrighi senza soluzione, il film riflette su quanto la tecnologia possa alterare il rapporto con la morte e la perdita dei propri cari. Il senso di vuoto e la mancanza sono i tratti più traumatici che accompagnano il lutto e Cronenberg sceglie di privarsi di questa assenza nel momento in cui si riesce a mettere in scena, letteralmente, la decomposizione.
In The Shrouds c’è un tentativo irrazionale di dare un senso alla morte, di trovare conforto di fronte a questo dolore. Il regista lo mette in scena nella maniera più spietata e, forse, troppo complicata. La tecnologia ha l’effetto placebo di mettere a tacere il trauma della morte, il modo morboso di seguire il corpo dopo la morte diventa una certezza possibile; quella di un’altra vita.
La realizzazione però prende una deriva fantascientifica che sospende completamente la credulità, combinandosi con complotti e strane sostanze che proliferano sulle ossa in decomposizione, diventa l’ennesimo nodo di una trama che non ne scioglie nemmeno uno.
Com’è il film?
The Shrouds lascia insoddisfatti e perplessi. Il film è un errare senza condizione da un piano morboso all’altro attraverso una narrazione completamente persa che dimentica le sue stesse sotto trame. Il film è un incubo a occhi aperti, smembrato come i corpi messi in scena. Un peccato che le premesse vengano affossate quando il racconto diventa un thriller mal riuscito immerso in atmosfere ripetitive che rendono l’opera, pesantemente, incompleta.