THE DIVERGENT SERIES: INSURGENT, la recensione

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Sullo sfondo di una futura Chicago in rovina, prosegue il viaggio della giovane Tris Prior (Shailene Woodley), etichettata come Divergente e decisa più che mai a porre fine a un distopico sistema fondato sulla divisione del popolo in cinque fazioni o categorie, a seconda della propria predominante inclinazione (Intrepidi, Candidi, Abneganti, Eruditi e Pacifici); appartenere a uno di questi gruppi significa poter essere limitati e controllati ma, allo stesso tempo, quest’assegnazione rappresenta anche un crudele gioco d’élite: la società pretende che, attraverso una serie di prove d’iniziazione, una persona debba guadagnarsi il proprio posto in fazione; gli individui non idonei all’appartenenza (gli Esclusi) vengono considerati pericolosi, perché del tutto fuori controllo, al pari di chi, al contrario, presenta i tratti distintivi e caratteristici di ognuna di queste fazioni: i Divergenti, appunto.
Questa è la base che permette al regista Robert Schwentke (Flightplan, Un Amore all’Improvviso, RED), erede del collega Neil Burger (Limitless, The Illusionist, The Lucky Ones) per questo secondo capitolo cinematografico della saga fantascientifica ideata da Veronica Roth, di muoversi in maniera equilibrata e con mano esperta tra azione e sentimento, mentre il vero cuore pulsante della pellicola è rappresentato dall’oscuro tema del senso di colpa (simbolico il taglio di capelli di Tris, come esternazione di questo pesante sentimento). “Insurgent” presenta, nel bene e nel male, tutte le caratteristiche del cosiddetto ‘film di passaggio’ ma propone un’interessante tipologia di struttura che, nel secondo atto, trasferisce l’azione da un campo di battaglia di tipo fisico a uno di tipo mentale, attraverso l’espediente della simulazione virtuale; ecco, quindi, che le paure e i rimorsi più profondi della ragazza si trasformano automaticamente nel vero nemico da sconfiggere. Tale svolta narrativa permette all’elemento action di crescere esponenzialmente, trasportato in una dimensione onirica dalle estreme possibilità ma finisce anche con lo sminuire il vero fuoco di ribellione che arde nelle strade della città.
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Volto primo di questa neonata guerra civile è la new entry Naomi Watts, nel duplice ruolo di capo-fazione degli Esclusi e madre ritrovata per il co-protagonista Theo James (Quattro). Difficile, per suo figlio e per il pubblico, comprenderne i reali intenti: sottrattasi alle responsabilità di genitore, vestita come una rockstar e cresciuta covando un sentimento di vendetta nei confronti della leader degli Eruditi (Jeanine/Kate Winslet), la figura di Evelyn (Watts) deve il suo fascino all’indiscutibile classe dell’attrice che la interpreta ma, anche e soprattutto, alla propria volontaria dose di opacità. Interessante anche l’inaspettato lavoro svolto sul personaggio di Caleb Prior, fratello naturale di Tris, ma la performance del giovane attore statunitense Ansel Elgort (di nuovo al fianco di Shailene Woodley dopo il successo di “Colpa delle Stelle”) lascia a tratti l’amaro in bocca, facendoci dubitare della presenza di un vero conflitto interiore dietro le proprie scelte di percorso.
Un secondo capitolo elegante e coinvolgente, quello diretto da Schwentke, che si appoggia su uno scheletro narrativo e stilistico dai tratti caratteristici e già promosso nel precedente “Divergent”. Tematicamente più debole rispetto ad altre saghe cinematografiche di simile origine (“Hunger Games” e “Maze Runner” su tutte), il futuro distopico di Veronica Roth acquista maggiore forza attraverso la propria trasposizione sul grande schermo: lì dove una classificazione sociale di questo tipo appare attuabile più nell’ideale che nel concreto, “Insurgent” (così come il suo predecessore) s’impreziosisce di una veste visiva minimalista, glaciale e dai colori definiti e ricorrenti (grigio in primis), così come vengono ridotte al minimo sindacale le azioni delle comparse sullo sfondo; il tutto contribuisce a rafforzare una benché minima atmosfera generale di oppressione e soffocamento, che trova la sua perfetta sineddoche nelle imponenti mura costruite in tempi remoti lungo il perimetro della città di Chicago.
Rating_Cineavatar_3-5