
Il regista e sceneggiatore sardo Giovanni Columbu, prima di occuparsi del progetto “Surbiles”, aveva girato 3 documentari (tra i quali “Villages and villages”, vincitore del “Prix Europa” di Berlino nel 1991) a cavallo degli anni 90, e 2 lungometraggi, “Arcipelaghi” (2001) e “Su re” (2012, distribuito dalla “Sacher”), ambientati entrambi in Sardegna. Anche “Surbiles” è stato girato in Sardegna, è diviso in episodi (a volte non facilmente distinguibili) e viene definito dagli autori come un documentario anche se documentario vero e proprio non è. Si tratta di un’opera, almeno in parte, di fiction.
Il tema trattato nella pellicola è quello delle “surbiles” che, secondo le secolari tradizioni sarde, sarebbero donne che di notte si trasformano in pseudo-vampire. Le donne succhiano il sangue dei bambini, a volte provocandone la morte. Ma non tutte le surbiles sono “nocive” ai pargoli, come si evince dal film: alcune sono “buone”, innocue, e combattono contro le quelle cattive. Sembra che queste credenze siano nate per dare in qualche modo una spiegazione alla morte dei bambini in tenera età, dalla quale deriva enorme sofferenza per i parenti delle vittime. Una spiegazione irrazionale e fantasiosa ad un dolore lancinante, reale, duro da affrontare. “Surbiles” alterna vere interviste agli anziani di sperduti paesini dell’entroterra sardo (spesso parenti del regista) a sequenze di fiction che ricostruiscono le macabre leggende isolane.
