Surbiles giovanni columbu recensione
Surbiles (2017) di Giovanni Columbu
Il regista e sceneggiatore sardo Giovanni Columbu, prima di occuparsi del progetto “Surbiles”, aveva girato 3 documentari (tra i quali “Villages and villages”, vincitore del “Prix Europa” di Berlino nel 1991) a cavallo degli anni 90, e 2 lungometraggi, “Arcipelaghi” (2001) e “Su re” (2012, distribuito dalla Sacher”), ambientati entrambi in Sardegna. Anche “Surbiles” è stato girato in Sardegna, è diviso in episodi (a volte non facilmente distinguibili) e viene definito dagli autori come un documentario anche se documentario vero e proprio non è. Si tratta di un’opera, almeno in parte, di fiction.
Il tema trattato nella pellicola è quello delle “surbiles” che, secondo le secolari tradizioni sarde, sarebbero donne che di notte si trasformano in pseudo-vampire. Le donne succhiano il sangue dei bambini, a volte provocandone la morte. Ma non tutte le surbiles sono “nocive” ai pargoli, come si evince dal film: alcune sono “buone”, innocue, e combattono contro le quelle cattive. Sembra che queste credenze siano nate per dare in qualche modo una spiegazione alla morte dei bambini in tenera età, dalla quale deriva enorme sofferenza per i parenti delle vittime. Una spiegazione irrazionale e fantasiosa ad un dolore lancinante, reale, duro da affrontare. “Surbiles” alterna vere interviste agli anziani di sperduti paesini dell’entroterra sardo (spesso parenti del regista) a sequenze di fiction che ricostruiscono le macabre leggende isolane.
Surbiles giovanni columbu recensione
Surbiles (2017) di Giovanni Columbu
La parte documentaristica è molto interessante, ben diretta ed esaustiva sull’argomento trattato, argomento abbastanza inedito per il cinema italiano. La parte fiction vive di momenti dal notevole impatto misterico e atmosferico soprattutto negli esterni, di notte, tra i vicoli dei paesi. La fotografia è semplicemente stupenda. Al contempo le sequenze in interni invece sono, soprattutto nella parte centrale del film, un po’ troppo prolungate e alla lunga soporifere. Altre scene, invece, soprattutto nella porzione finale, restituiscono una certa sotterranea e maligna tensione assolutamente non disprezzabile.
Columbu dà il suo meglio nella sequenza del “sabba” in mezzo ai boschi, clamorosamente riuscita, forse la migliore mai vista nel cinema europeo, senza esagerare. Riguardo il cast, maiuscola l’interpretazione di Simonetta Columbu. Al netto di qualche imperfezione nella regia, Columbu dimostra di avere una precisa autorialità, una certa personalità e visione del mondo. Originale, controcorrente e coraggioso, il regista ci regala lentamente ma inesorabilmente il suo cinema fatto di radici non divelte, di atmosfere recuperate nelle pieghe del tempo, di leggende non ancora sopite, non ancora schiacciate dall’avanzare, chiassoso e devastante, della modernità.