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Somm: Into the Bottle
Netflix è una piattaforma da esplorare. A differenza della concorrenza, non può vantare una libreria di film di prim’ordine o, per lo meno, non ancora. Questo vulnus può venire convertito in punto di forza se si sceglie un approccio diverso ai contenuti di Netflix. Esplorare la library in cerca di prodotti nuovi, di nicchia e mai sentiti nominare prima di allora, può dare grandi soddisfazioni.
Non si può dire che Somm: Into the Bottle sia un documentario imperdibile. Lo stile del regista Jason Wise annoia una volta superata la metà, non c’è alcuna poesia o attenzione al dettaglio che possa mantenere l’attenzione costante. Eppure Somm è un documentario che assomiglia tanto a quei libri vecchi e polverosi che si trovano alle fiere dell’usato, che emergono dalle pile di volumi per la loro copertina curiosa e la storia insolita che raccontano.

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In parole povere, il film di Wise si regge sulla storia folle che racconta e sul mondo straordinario su cui fa luce. Si parla di maestri sommelier e del difficile percorso per diventarlo. Quattro amici devono affrontare l’esame più difficile e proibitivo nel mondo del vino: un test di una settimana in cui i candidati saranno sottoposti a una prova teorica e a una degustazione al buio in cui, in pochi secondi, saranno chiamati a individuare il sapore, le componenti chimiche, la provenienza e l’anno di produzione del vino che stanno degustando. Il documentario segue da vicino la preparazione al test, si sofferma sulle ansie dei concorrenti mettendo a nudo, con una certa inquietudine, la loro ossessione per il vino. Si parla di persone che hanno dedicato la loro intera vita allo sviluppo dei propri sensi, al potenziamento delle proprie facoltà, per poter riconoscere un vino. La dedizione che viene mostrata, nonché le straordinarie capacità dei partecipanti, non possono che affascinare e incuriosire. Il merito di Somm non va oltre quello di avere spalancato le porte verso un mondo che, chi scrive, non sapeva essere così complesso. Le ripetizioni di uno stesso concetto, le difficoltà nella messa in scena, fanno pensare che il film avrebbe giovato di quasi 30 minuti in meno, in funzione di una maggiore compressione. Sarebbe stato più adatto come puntata di una serie TV sui concorsi più bizzarri e difficili da vincere.
Somm è un documentario leggero che passa senza asperità e che ben si addice a una visione distratta, la quale, a distanza di tempo, continua tuttavia ad affascinare. Il merito va alle fiere bizzarre in esso ritratte, alla capacità dell’uomo di ossessionarsi e specializzarsi fino a raggiungere la perfezione. Il cinema spesso racconta di eroi, dal fisico perfetto e dallo spirito impeccabile, che compiono imprese incredibili. I documentari, invece, riescono a raccontare le persone vincibili, fragili, spesso distrutte nel momento in cui compiono le loro imprese più grandi. Se non basta per fare la storia del Cinema, è sufficiente per fare prendere in mano un bicchiere di vino e non guardarlo più allo stesso modo.

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