No Other Choice di Park Chan-Wook affronta il tema della fragilità economica in una parabola nera dai toni thriller.
Di cosa parla No Other Choice?
Yoo Man-su (Lee Byung-hun) è un impiegato di mezza età che dopo il licenziamento si ritrova schiacciato dalle difficoltà economiche. Determinato a proteggere la famiglia e a non perdere la casa, si imbarca in una spirale di decisioni sempre più estreme, dove il sopravvivere diventa la sola scelta possibile.
Precariato e alienazione
Con No Other Choice Park Chan-Wook firma uno dei suoi progetti più ambiziosi affrontando la disperazione dell’uomo costretto a lottare per la propria sopravvivenza in un sistema sociale spietato.
Il regista non si limita a raccontare una storia di crisi occupazionale, ma mette in scena una parabola sull’alienazione, sull’ansia da competizione e sul lato oscuro del capitalismo contemporaneo. Il film si muove con decisione, e un ottimo montaggio, nel racconto dell’escalation di eventi. Il regista di Oldboy e The Handmaiden alterna momenti di tensione da thriller a passaggi intrisi di ironia nera.

Il racconto è costruito affinché identificazione e disagio per il protagonista siano strettamente legati in un perverso gioco morale e di critica sociale. Lo spettatore assiste così alla metamorfosi di un uomo comune in un antieroe disperato, in un equilibrio costante tra empatia e inquietudine. Non c’è consolazione o spazio per i fallimenti in No Other Choice; le crisi individuali non sono altro che lo specchio di un sistema lontano dalla perfezione.
Nessuna altra scelta
No Other Choice è un film spigoloso, che non concede facili consolazioni e lascia aperti molti interrogativi. Lee Byung-hun offre una prova attoriale intensa prestando il volto a un uomo ordinario che, sotto la pressione delle circostanze, rivela un lato feroce e disperato.
La forza del film sta nella capacità di Park Chan-wook di trasformare un dramma personale in una riflessione universale, senza rinunciare alla sua estetica raffinata e alla costruzione visiva ricca di tensione. La critica sociale è brutale e il regista conduce un’indagine inquietante sulle pressioni sociali e sull’alienazione del mondo moderno soprattutto quando il connubio complicità e ostilità si manifestano in azioni tanto estreme quanto moralmente discutibili. Ed è qui che lo spettatore rimane incagliato in un dilemma morale senza scampo, come lo stesso titolo suggerisce.

Com’è il film?
No Other Choice conferma la capacità di Park Chan-wook di muoversi tra generi e linguaggi senza perdere la propria identità autoriale. Il film colpisce per la crudezza della sua critica sociale e per la tensione che riesce a mantenere anche nei momenti più rallentati.
Non è un’opera conciliante né un racconto che cerca di rassicurare, ma un lavoro che costringe a riflettere sulla fragilità dell’individuo di fronte a un sistema che non lascia spazio all’errore.