
Il regista ungherese László Nemes, noto al grande pubblico per la sua folgorante opera prima Il figlio di Saul (Oscar per il miglior film straniero, Premio David di Donatello 2016 per il miglior film dell’Unione Europea), presenta in concorso a Venezia 75 il suo secondo film Napszállta (Sunset).
Ambientato nella Budapest del 1913, il film racconta del ritorno della giovane Irisz nella sua città nativa, abbandonata ad appena due anni di vita a seguito dell’incendio del negozio di cappelli dei genitori, nel quale gli stessi erano periti. Appena arrivata Irisz cerca di farsi assumere dal nuovo proprietario del negozio, nel frattempo
ricostruito. Non riceve, tuttavia, una buona accoglienza né ottiene il lavoro tanto sperato, nonostante le venga riconosciuto un certo talento. Vista da tutti con una certa diffidenza (inizialmente inspiegabile), la giovane viene assalita durante la notte da un ex dipendente del negozio, che prima di dileguarsi pronuncia frasi sconnesse e apparentemente senza senso. È l’inizio di un mistero e di una ricerca che porterà a scoprire dettagli inquietanti del passato della donna: un fratello che non sapeva di avere, strani affari conclusi nel negozio paterno, ragazze scomparse e forse brutalizzate. Il tutto sullo sfondo di una città scossa dal ricordo ancora vivo dell’omicidio di un nobile e da movimenti clandestini intenti a sovvertire l’ordine costituito.
Nemes mostra un elevato grado di maturità nell’apprestarsi a compiere un affresco epocale opaco e di difficile penetrazione: la fine di un’epoca, la grande crisi dell’Europa alla fine del Secolo fra tensioni serpeggianti, in un ultimo baleno di luce prima della catastrofe della Guerra. Napszállta è un film che non si sforza di celare tutto il suo valore metaforico, di altro senso rispetto al visibile: un male che si appresta, una nefasta, pervicace incombenza, una protagonista che al contempo è in balia degli eventi e forza perturbatrice, perché agisce con ostinazione, interroga l’inafferrabile realtà che la circonda, senza riconoscerla appieno, e pure venendo costantemente riconosciuta.
