IL LIBRO DELLA VITA, la recensione

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book of life
In ogni parte del globo, il mondo del disegno e dell’animazione ha da sempre attinto a varie ed eventuali dimensioni folkloristiche e tradizioni. Spesso si vuole semplicemente condurre lo spettatore indietro nel tempo, al fine di riscoprire la vera culla di determinati valori morali, ma esistono casi in cui gli elementi della tradizione vengono fusi con la realtà di tutti i giorni, al fine di donarle una nuova e fantastica prospettiva (il guru dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki è un vero esperto in questo); il tutto per mettere in evidenza i fili che muovono le nostre vite e che collegano in una rete invisibile, unica ed eterna, passato, presente e futuro, e farci comprendere, così, come le nostre scelte e azioni influenzino quelle degli altri (venendone influenzate a loro volta) e quanto, in realtà, possiamo ritenerci tutti parte di un’unica meravigliosa storia, narrata da qualcuno e ascoltata da qualcun altro.
Non è un caso, quindi, che Il Libro della Vita dell’esordiente regista (ma navigato animatore) Jorge R. Gutiérrez abbia preso la suggestiva decisione di rappresentare i suoi protagonisti come marionette, interamente in legno. Nel bene e nel male, nella luce e nell’oscurità, tutti loro fanno inconsapevolmente parte delle pagine di un prezioso tomo (Il Libro della Vita, appunto), custodito nell’affascinante ala di un vecchio museo. Un gruppo di giovani studenti in gita scolastica pende dalle labbra della propria guida e, come loro, anche noi ci ritroviamo affamati di quelle parole che, alle nostre orecchie, suonano dolci e ricche di verità.
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Ecco, dunque, che dinnanzi a noi prende forma la più curiosa delle storie d’amore e ha inizio il più pericoloso dei viaggi affrontati dall’uomo: il cammino di colui che, spinto dalla forza di un sentimento puro covato fin da ragazzino, accetta l’abbraccio della morte e decide di attraversare il misterioso mondo dell’aldilà; anche se, in realtà, i mondi dell’aldilà sono due: il mondo dei ricordati (luminoso e carnevalesco) e quello dei dimenticati (cupo e deprimente). Il nostro tenace e sognante eroe, un giovane torero di nome Manolo che cela il desiderio di riporre il ‘traje de luces’ e diventare musicista, scoprirà in prima persona, incoraggiato dall’amore per la splendida Maria, quanto gli affetti dei propri cari possano guidare gli spiriti dei defunti verso un eterno e condiviso benessere.
Prodotto da Guillermo del Toro (Pacific Rim, Hellboy, Il Labirinto del Fauno), il film di Gutiérrez risulta una vera festa per gli occhi, strabordante di dettagli e colori di ogni genere (la sfarzosa veste del mondo dei ricordati ne è il perfetto esempio), e affascina come la narrazione di un’antica leggenda, nella quale anche l’elemento sovrannaturale, nella sua supposta superiorità alle leggi che governano il mondo, non può far altro, invece, che contribuire all’avverarsi di un destino già scritto.
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