
Homo homini lupus: l’uomo è lupo per un altro uomo, quando è solo, fuori dalla civiltà in mezzo alla natura. Molto cinema di frontiera è partito da questa suggestione per raccontare i sentimenti più estremi. Che sia un cavaliere solitario nel deserto, o un detective in mezzo alla neve, l’essenza non cambia. Quando siamo soli, lontano dalle leggi della civiltà, veniamo costretti a confrontarci con i nostri limiti. Taylor Sheridan racconta con I segreti di Wind River una storia di pura tensione, in bilico tra un poliziesco procedurale e un western. Quando il cacciatore Cory Lambert (Jeremy Renner) scopre il cadavere di una ragazza in una riserva indiana, scatta immediatamente una caccia all’uomo. Il tempo stringe: le frequenti tormente di neve potrebbero coprire le tracce e complicare il caso. Sul posto arriva la giovane agente dell’F.B.I Jane Banner (Elizabeth Olsen): la sua indagine porterà alla luce alcuni terribili segreti della comunità di Wind River.
Presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2017 e successivamente nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes, il film è valso a Sheridan il premio come migliore regista. Un riconoscimento sicuramente meritato per il giovane autore, che non rispecchia però i veri meriti dell’opera. I segreti di Wind River è infatti un lungometraggio che trova il suo valore nella sceneggiatura, scritta da Sheridan stesso, più che nella messa in scena. Le soluzioni visive sono infatti funzionali al racconto, ma non sono all’altezza dell’attenta caratterizzazione dei personaggi.
