Drive Me Home
Vinicio Marchioni e Marco D’Amore in Drive Me Home
Antonio e Agostino sono due bambini che sognano di riuscire a scappare dal paesino natale tra le montagne siciliane per vivere la loro vita altrove. Una volta adulti i due hanno realizzato il loro sogno di fuga e vivono all’estero, ma hanno perso i contatti tra loro. Finché Antonio, sull’orlo di perdere il proprio casale natio all’asta, non trova Agostino in Olanda, con l’intento di farsi aiutare per non perdere la casa a cui entrambi sono molto legati. Durante un viaggio on the road per l’Europa, tra i due tornano a galla ricordi, sogni e conflitti, svelando, poco per volta, cosa sia successo nelle loro vite, tanto da allontanarli per quasi vent’anni.
Simone Catania dirige una pellicola che parla innanzitutto di amicizia, ma anche di un tema caro ai giorni nostri: la migrazione di giovani verso altri Paesi. I due protagonisti fuggono dalla Sicilia, microcosmo riflettente metonimicamente il nostro Stato e per anni ingiustamente considerata come regione da “terzo mondo”. I giovani degli anni ’80 desiderano scappare dal paesino che non ha niente da offrire loro, come i millenials scappano dall’Italia intera. I due, però, sono ugualmente persi; in Stati stranieri dove speravano di trovare le risposte, Antonio (Vinicio Marchioni) e Agostino (Marco D’Amore) si trovano ancora intrappolati alla ricerca di se stessi.
Drive Me Home
I due protagonisti Vinicio Marchioni e Marco D’Amore in una scena del film
Simone Catania decide così, attraverso un viaggio alla riscoperta di chi siamo, di affrontare un tema estremamente attuale. I protagonisti si aggrappano con tutte le loro forze alla sopravvivenza giornaliera, riscoprendosi tanto persi come sarebbero stati anche nel proprio paesino. Di fatti, la storia on the road qui narrata non è patinata o divertente. Non va incontro ai cliché di tanti film simili, ma è cruda, scoraggiante, sfibrante. I colori sono freddi, i protagonisti impongono tutta la loro presenza scenica senza abbellimenti. Le giornate passate sul tir, compagno di avventure di Agostino, potrebbero essere le giornate tranquille di chiunque. Lo stesso viaggio racconta la quotidianità propria di ogni lavoratore.
Attraverso l’espediente del ritorno si scoprono i loro sogni e i loro segreti; i due uomini si riavvicinano, imparano di nuovo a conoscersi e lottano contro l’identità persa.
Il film vive anche di flashback che riportano magicamente alla loro giovinezza in Sicilia, regione dipinta di colori caldi, armoniosi (e del tutto contrapposti a quelli gelidi del presente) e impreziosita di suoni e rumori di una terra lontana prima ripudiata e poi ricordata con nostalgia. Queste memorie non vengono narrate attraverso visioni intere o lunghe, ma solo abbozzati, in modo confuso, proprio come un ricordo che ci cattura all’istante e che ci portiamo dentro trasformandolo man mano.
Drive Me Home
Una scena flashback della pellicola, in cui la fotografia appare contrapposta al presente narrato
Con Drive Me Home, Simone Catania riesce perciò a parlare al cuore, sebbene parlando un linguaggio rude, tipico di chi ha paura ed è diffidente, perennemente in attesa di aprirsi al prossimo per trovare una propria famiglia e le proprie origini. Il film è un viaggio alla riscoperta di noi stessi e del senso stretto di famiglia e casa, in un mondo in cui ce ne stiamo dimenticando il significato più intimo.