
Una figura cammina incespicando nella neve, la osserviamo dall’alto. Cade a terra e… titoli di coda.
Inizia così Climax, di Gaspar Noè: con i titoli di coda di uno dei tanti film all’interno del film. Ci sono almeno tre sequenze che possono essere definite conclusive (vediamo le scritte scorrere sullo schermo come se le luci in sala dovessero accendersi a breve) e altrettanti inizi. A ognuno di questi momenti corrisponde uno switch tonale drastico. È l’ennesimo colpo di genio, per qualcuno, o l’ennesima provocazione, per altri, del regista argentino. Il cinema di Noè costituisce uno di quei pochi casi in cui è consigliabile entrare in sala preparati per quello che si vedrà. Quando la narrazione si fonde con la sperimentazione allucinata, con la videoarte, la politica e il gusto estetico dell’immagine, non si può fare altro che abbandonarsi al flusso costante di sensazioni senza opporre resistenza. Arrendersi è l’unico modo per sopravvivere all’esperienza.
In Climax un gruppo di ballerini si ritrova in un edificio per le ultime prove prima dell’esibizione: la performance è pazzesca, tutto va alla grande. Rilassatisi dopo lo sforzo fisico i 20 giovani si dedicano a una festa a base di sangria, balli e spensieratezza. All’improvviso l’atmosfera muta radicalmente, in preda ad uno stato di ebbrezza i ballerini perdono il controllo del loro corpo. È l’inizio di una carneficina: c’è chi, per errore, si avvicina al fuoco e brucia senza alcun soccorso. Ci sono tagli, donne prese a calci, lembi di pelle scorticati con le unghie, la sessualità esplode in tutti i suoi aspetti: dalla dolcezza alla morbosità fino all’ossessione violenta.
