Berlinguer – La grande ambizione apre la Festa del Cinema di Roma, consegnando il ritratto di un’Italia oggi quasi del tutto dimenticata
Di cosa parla Berlinguer – La grande ambizione?
Il lungometraggio diretto da Andrea Segre disegna l’Italia del compromesso storico costruendo la narrazione attraverso la figura del segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer (Elio Germano). Coprendo quasi un decennio dai primi anni Settanta fino alla morte del leader nel 1984, il regista mette in scena vicende fondamentali della storia italiana, ritraendo un mondo politico oggi dimenticato.
Com’è La grande ambizione?
Sulla scia di Bellocchio e Giordana, partendo da Petri e passando per Sorrentino, Andrea Segre si inserisce nella schiera dei numerosi registi che hanno raccontato in modalità differenti i tumultuosi anni di piombo guardando dall’interno la politica italiana. Il regista lo fa concentrandosi negli anni tra il 1973 del golpe in Cile e dalla visita in Bulgaria di Enrico Berlinguer e il 1978, con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Tra l’abrogazione della legge sul divorzio, Piazza della Loggia e le lotte operaie, La grande ambizione racconta l’utopia del compromesso storico, di una grande alleanza democratica tra DC e Partito Comunista e del fallimento dell’unità in un mondo diviso in due.
Muovendosi sul terreno della non-fiction, Segre elabora fatti e situazioni realmente accadute con intento smaccatamente documentaristico, presentando allo spettatore le vicende con un certo distacco. Se questo da un lato è funzionale nell’intento di ricostruire fedelmente la Storia, dall’altro lo spettatore non viene catturato all’interno della vicenda restandone sempre un passo indietro. Anche la drammaturgia risulta poco adatta a ricostruire i personaggi politici in gioco, che risultano quasi pedine bidimensionali, nomi stampati su manuali. Le interpretazioni del cast e in particolare del protagonista Elio Germano sembrano animare dei fantocci più che dunque incarnare uomini complessi.
Dietro la superficie asettica si scorge però una chiara volontà di informare il lungometraggio di soluzioni autoriali, come l’utilizzo del filmato d’archivio. In questo caso è particolarmente interessante analizzarne la doppia funzione: da un lato quella di supporto al racconto della Storia, alternando ricostruzione a filmati reali dell’epoca; dall’altro quella di supporto nel racconto del sentimento della storia, senza funzione esplicitamente narrativo-didattica, quasi a ricordare l’appiglio con il reale, mostrando i volti veri dell’epoca e dotando di corporeità quella che è una messa in scena quasi fantasmatica di un periodo che oggi appare lontanissimo.
Un biopic senza protagonista
Come ammesso dallo stesso regista in più occasioni, il lungometraggio non è un film biografico su Enrico Berlinguer quanto piuttosto l’altrettanto ambizioso ritratto di un’epoca. Al di là della sceneggiatura, che non riesce mai ad andare oltre la narrazione da libro di testo, il film sembra voler sottolineare la spettralità di una classe e una lotta politica che ormai non esistono più. Il “grigio funzionario” Berlinguer, osteggiato dalla Russia e temuto dai democristiani, è il simbolo del tramonto di una politica di partito e il passaggio a una politica fatta di personaggi leader che ha perso però la centralità nelle vite quotidiane degli italiani. La vera protagonista del film sembra essere dunque la grande ambizione che, col senno di poi, finirà per diventare una pura utopia.
Cosa racconta La grande ambizione?
In un clima politico italiano come quello odierno, La grande ambizione è un film che è utile per ricordarci di un’Italia che non esiste più. Un paese al centro delle vicende politiche mondiali, dove la politica era una prerogativa di tutti, dagli alti funzionari fino agli ultimi e dove al di là dei colori politici c’era un obiettivo comune, la difesa della democrazia.
Andrea Segre offre uno spaccato di un’epoca che è fondamentale conoscere per interpretare la società e la politica italiane, ma non riesce a costruire una narrazione efficace per un pubblico ampio, tanto che il film sembra destinato a un’audience che è già memore di quegli anni. Pur informando il film di soluzioni interessanti come il materiale d’archivio e la splendida colonna sonora di Iosonouncane e Daniela Pes, a 40 dalla morte del leader comunista La grande ambizione risulta il disegno amaro e distante di un oggetto guardato solo con rassegnata nostalgia.
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