Avatar – La via dell’acqua veicola l’immagine e l’esperienza cinematografica verso una nuova frontiera. 

Pandora, scenario di immagini meravigliose e suggestive, torna protagonista del nuovo film di James Cameron. A 13 anni di distanza dal primo sorprendente lungometraggio, Avatar – La via dell’acqua (qui il trailer) regala un’esperienza visiva senza pari: una profonda immersione in luoghi fantastici e inesplorati, in compagnia di vecchie conoscenze e nuovi personaggi.

avatar la via dell'acqua box office
#29 Avatar: La via dell’acqua di James Cameron
James Cameron consegna una spettacolare messa in scena.

Cameron è un regista che si fa desiderare. Il regista aveva chiesto al pubblico di avere fiducia in lui quando confessò di stare lavorando a qualcosa di indescrivibile e magnifico. E così è stato. Avatar – La via dell’acqua non tradisce le aspettative, ma le ripaga. Avatar è stato un vero e proprio spartiacque nella concezione della fruizione dello spettacolo cinematografico in sala; e anche del concetto di immagine filmica, intesa come esperienza e racconto.

L’immagine, infatti, è perno e supporto della storia. Lo sviluppo narrativo, sequenziale e lineare, arriva al limite della sua autenticità: ma è davvero così scontato ciò che si vede? Per Cameron non è importante, ma fondamentale. Perché l’immagine è intesa nella sua essenza più pura, nell’impatto visivo. Un’impressione che, indipendentemente dalle sfumature, suscita un’emozione. Una sensazione finalizzata a quanto più di semplice e primordiale: stupire. Dunque, è con questa logica che Cameron consegna il racconto alla “fisicità” della visione filmica.

L’interiorità si riflette nell’esteriorità. I messaggi trasmessi nel film sono chiari, non oscuri, così da poter arrivare ad un pubblico più eterogeneo possibile. Alla singola persona è affidato il compito di interpretazione, secondo coscienza.

Avatar – La via dell’acqua

“Siamo una rete di energia, tutto ciò che ci è dato è solo in prestito.”

Lo scontro tra bene e male è metafora antica quanto la creazione della Terra, ma in Avatar è veicolo fondante della dialettica tra uomo e natura. Soluzione drammaturgica forse semplice, ma funzionale a cosa realmente vuole raccontare Cameron. La storia di Avatar – La via dell’acqua è ampia e dilatata. L’autore sfrutta tutto il tempo a disposizione per far entrare il pubblico a contatto col nuovo world building; soprattutto con i giovani protagonisti.

Cameron ha sempre guardato avanti, non è un autore monolitico e lo ha sempre dimostrato. Per lui è fondamentale puntare sul ricambio generazionale, sui giovani figli della famiglia di Jake e Neytiri e su quelli del clan dei Metkayina. Credibili nei loro ruoli e con i propri tormenti adolescenziali: il senso di responsabilità, i conflitti con i genitori, il timore di non capire sé stessi e il tormento dell’accettazione del proprio io in un mondo troppo veloce e molto sbagliato.

Il racconto può sembrare didascalico, ma non è questo il punto. L’enfasi sul hic et nunc è portata all’estremo per far godere della messa in scena. Campi e controcampo di alternano, gli effetti catturano lo sguardo, lo spettacolo è all’ennesima potenza. Cameron sa come si fa Cinema. Più che ad un film, narrativamente parlando, da un punto di vista cinematografico, si è di fronte ad un romanzo. Un lungo viaggio in diapositiva.

Avatar – La via dell’acqua.

Un magnifico viaggio oltre l’immaginazione.

Complice la presa sempre più forte del mezzo della serialità streaming, il linguaggio della settima arte sembra aver ceduto il passo alla dialettica della narrazione orizzontale, della saga. Azione e spettacolarità sono le parole d’ordine per catturare lo spettatore in un viaggio immersivo di 192 minuti. Avatar – La via dell’acqua è una continuazione aperta a nuove possibilità, è il sequel di cui Avatar aveva bisogno e che il pubblico merita. Nel concerto caleidoscopico e elementale di Avatar – La via dell’acqua c’è tutto il cinema di Cameron, il suo background, i grandi successi, le peculiarità: da The Abyss a Titanic a Terminator 2, da Titanic al primo Avatar. Un memoir fluido ed esemplare che non dimentica di riflettere sul presente, sulla contemporaneità dell’immagine, e dunque del cinema, e sul futuro.

Come Jake Sully, anche lo spettatore si risveglia sulle note di The Spirit Tree. Avatar – La via dell’acqua sussurra ad ognuno di aprire gli occhi, in tutti i sensi. Di osservare ciò che si vede, di guardare cosa offre la meraviglia dell’esperienza. Di aprire gli occhi e lasciarsi trasportare, nuovamente, nel magico mondo di Pandora.

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