Venezia 73: ASSALTO AL CIELO di Francesco Munzi, la recensione

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Assalto al Cielo - Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
Assalto al Cielo - Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
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Assalto al Cielo – Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
Francesco Munzi dirige il documentario Assalto al cielo, presentato alla 73. Mostra del Cinema di Venezia.
Il film è prodotto dall’Istituto Luce Cinecittà, in collaborazione con Rai Cinema, e racconta l’epoca a cavallo tra gli anni Sessanta e i Settanta attraverso filmati d’archivio. Le intenzioni del regista sono chiare fin da subito, prima che la pellicola inizi viene mostrato sullo schermo una didascalia: “nel corso della proiezione lo schermo verrà oscurato in due momenti per qualche secondo. Potete spegnere il proiettore e discutere”. La scritta richiama un modo classico di fruizione del cinema e dei documentari, riportando all’atmosfera dei cineforum e dei film politici. In realtà, più che ad formalizzare una dimensione, questo piccolo inserto aiuta a rendere chiara una questione: il documentario non si propone di dare risposte alle molte domande che apre, ma cerca invece di stimolare una riflessione attorno alla nostra attualità. È un peccato quindi che, nel contesto del festival, nonostante le interruzioni, non ci sia stata la possibilità di accendere veramente le luci per cinque minuti e dibattere con il vicino di posto. Sarebbe stata un’esperienza interessante.
Assalto al cielo presenta dei materiali video di grande valore, con riprese di occupazioni studentesche delle università fatte dagli studenti stessi, e immagini dai raduni comunisti che vengono indagate dall’occhio registico nel loro aspetto più grottesco e divertente. Vediamo, ad esempio, giovani leader che giustificano la difficile comprensione delle loro parole a causa dell’assenza di droghe (“voi non mi capite perché non siete fatti. Quando ci drogheremo capirete!”). Sicuramente i numerosi interrogativi posti dal film sono curiosi e le ricostruzioni dei periodi storici risultano affascinanti. Quello che manca è però la compattezza, la sintesi che permette allo spettatore di focalizzarsi su un tema specifico.
In 70 minuti il documentario sembra volere parlare di tutto, senza però mai riuscire ad andare effettivamente in profondità. L’approfondimento degli spunti dati è in mano al pubblico, eppure questa scelta indebolisce inevitabilmente un film dall’enorme potenziale. Anche se sono passati in rassegna al Lido documentari migliori sinora, Assalto al cielo ha il merito di ritagliarsi un suo spazio nel mare sconfinato di lungometraggi, ribadendo la forza dei materiali di archivio dell’Istituto Luce e riaffermando l’importanza di conservare su formato audiovisivo tutti gli eventi della storia, anche nei momenti informali, che spesso riteniamo meno rilevanti.
Gabriele Lingiardi

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