Con Elle torna al cinema un grande regista: Paul Verhoeven.

Sono trascorsi dieci anni dal suo ultimo lungometraggio, Black Book, e in generale nelle due decadi passate i suoi film si contano sulle dita di una mano. Verhoeven è un autore che spesso viene sottovalutato o frainteso e al quale purtroppo non viene dato sempre il giusto peso. Parliamo di un regista attivo fin dagli anni ’60, partito dall’Olanda e finito ad Hollywood per girare lungometraggi di notevole impatto popolare come RoboCop o Basic Instinct. Non è facile inquadrare un cineasta capace di spaziare così tanto tra i generi, ma ci sono degli elementi che si ritrovano in tutti (o in molti) dei suoi lavori e che troviamo, ovviamente, anche nel magnifico Elle.

Presentato al Festival di Cannes 2016, il film è stato molto apprezzato ancora prima di arrivare nelle sale italiane, per la durezza e la freddezza della critica spietata che rivolge al mondo borghese. Forse però ci si dimentica che questo aspetto ha sempre contraddistinto l’artista olandese, anche in progetti come Starship Troopers o RoboCop, troppo spesso non analizzati in profondità soltanto perché considerati prodotti di genere.

Elle recensione
Isabelle Huppert in un’immagine di Elle – Photo: courtesy of Lucky Red

Si può affermare quindi che Elle sia in continuità con le sue opere precedenti; non si pone come una novità nella filosofia di Verhoeven, ma come un giusto e coerente proseguimento del suo cinema. Il fatto sorprendente è che, dopo tutti questi anni, il cineasta riesca ancora a mantenere uno sguardo così cinico e spietato per raccontare la contemporaneità. Elle è, infatti, uno dei più duri attacchi alla classe elitaria che si siano visti di recente.

Una critica che si avvicina a quella di altri registi europei e che fa chiaramente intendere quali siano le origini di Verhoeven.
Non siamo lontani dalle opere di Michael Haneke per l’idea di una borghesia che, dietro a una facciata perbenista, nasconde un malessere di fondo e una perversione inimmaginabili. I due cineasti sono vicini anche per il modo in cui raccontano le loro storie: lo sguardo è sempre freddo e distaccato, ed è forse questa l’aspetto che più rende Elle così solido e graffiante. Neanche l’umorismo da commedia nera riesce ad alleggerire l’atmosfera e i momenti più tesi della vicenda.

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Isabelle Huppert in un’immagine di Elle – Photo: courtesy of Lucky Red

Ma il vero pilastro sul quale si regge il film è Isabelle Huppert (che non a caso ha lavorato anche con Haneke), un’attrice fantastica che qui interpreta una donna diversa dai modelli proposti di consueto al cinema. Un personaggio al limite, ambiguo e forte che si fatica a comprendere e che, nonostante tutto, sembra sempre mantenere il controllo della situazione. La Huppert, giustamente, ha fatto incetta di premi ed è stata candidata agli Oscar 2017 come miglior attrice protagonista, riconoscimento (vinto da Emma Stone) che avrebbe senza dubbio meritato.

Elle è uno dei film più significativi del 2016 cinematografico, un’opera magnetica e pungente che ricorda a tutti la grandezza e la maestria di Paul Verhoeven, sperando che col tempo venga riscoperto anche da chi lo ha sempre snobbato.

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