Una rom-com luminosa e irresistibile. Eternity trasforma l’aldilà in un gioco sentimentale leggero e sorprendente, riportando sullo schermo tutto il piacere, ormai raro, della commedia romantica.
Di cosa parla?
Eternity segue Joan (Elizabeth Olsen), appena arrivata nell’aldilà, che si ritrova in un luogo improbabile: una sorta di snodo universale dove le anime, prima di scegliere il tipo di eternità da vivere, possono incontrare vecchi amori, rimpianti e amanti mai dimenticati. Lì Joan ritrova Larry (Miles Teller), suo marito, ma anche Luke (Callum Turner), il primo amore perso troppo presto.
Una rom-com che si diverte a essere una rom-com
Eternity è una rom-com che non ha paura di abbracciare il genere fino in fondo. La trama procede per slanci più emotivi che logici, usando l’aldilà stesso come un pretesto per far danzare i personaggi da un incontro all’altro, da una gag all’altra, da un imbarazzo all’altro. La costruzione narrativa non è rigida, ma, al contrario, il film si apre continuamente a deviazioni sentimentali, a siparietti romantici o a momenti slapstick che alleggeriscono la trama e strappano qualche sorriso.
È proprio questa leggerezza, quasi una dichiarazione di poetica, a rendere il film irresistibile. Eternity non cerca mai il rigore del suo lato fantascientifico, né la malinconia del dramedy esistenziale: è innanzitutto una commedia romantica e ne rivendica l’identità con orgoglio, sorriso e qualche voluta goffaggine.

La storia si muove come un cuore innamorato, in maniera un po’ imprevedibile, a volte impaziente, a volte euforico. La soluzione di creare una fiera delle eternità in cui ogni nuova scoperta diventa un’occasione per cambiare atmosfera, tono, ritmo è un espediente acuto e originale. Eternity è un film costruito per accumulo di momenti, non per progressione logica.
La leggerezza come bussola
Il fascino di Eternity sta proprio nel suo rifiuto di irrigidirsi in un unico registro. Joan è il centro emotivo del film e la Olsen la interpreta con un’energia naturale, capace di far convivere nostalgia e leggerezza senza mai scadere nel melodramma. Accanto a lei, Teller e Turner diventano quasi due poli sentimentali: uno rassicurante, l’altro idealizzato, entrambi funzionali a scatenare la giostra emotiva in cui Joan si ritrova.
Ne nasce un triangolo sentimentale lieve, disordinato e sorprendentemente comico, che trasforma un limbo metafisico in un parco giochi emotivo.
Gli altri personaggi appaiono e scompaiono con la stessa fluidità dei mondi dell’aldilà: guide cosmiche e anime in cerca del prorpio luogo eterno con funzioni comiche più che figure psicologiche profonde ed è del tutto coerente con il tono del film. La regia punta sul colore, sulla stilizzazione, su un mondo visivamente morbido e accogliente: un aldilà che sembra costruito più per ospitare flirt e riconciliazioni che drammi metafisici. L’effetto è quello di un luogo che esiste solo per permettere ai personaggi di amarsi, lasciarsi, riprendersi, inciampare, ricominciare.

Com’è il film?
Eternity è un’opera che sceglie la tenerezza e la leggerezza come bussola narrativa. Non vuole stupire con la profondità, né con l’originalità concettuale, ma preferisce regalare momenti divertenti, romantici, buffi e luminosi. E conquista con la sua disarmante semplicità.
Il film funziona come esperienza emotiva e come dichiarazione d’amore a un genere che sembrava aver perso spazio: la commedia romantica pura, senza cinismo, senza stratificazioni forzate, senza paura di essere sentimentale. È proprio nella sua scanzonata schiettezza che trova la sua forma più efficace.
Il ritorno della rom-com.
Un ritorno al piacere del romanticismo leggero.
Un ritorno, in fondo, alla voglia di sorridere al cinema.
Un’eterna leggerezza.