la terra dell'abbastanza recensione
Andrea Carpenzano e Matteo Olivetti nel film La terra dell’abbastanza
La terra dell’abbastanza è un film che non scende a compromessi, prende lo spettatore e lo immerge nel suo mondo senza possibilità di sfuggirne. I fratelli D’Innocenzo, qui alla loro opera prima, costruiscono un racconto maturo e appassionato, figlio di anni di cinefilia e visioni appassionate. I due giovani registi esprimono un cinema sincero, nato dalla dedizione per il mezzo e dallo studio da autodidatti sulle opere dei maestri.
La discesa agli inferi di Mirko (Matteo Olivetti) e Manolo (Andrea Carpenzano) è fatta di sporco, dolore, violenza. I due ragazzi, dopo avere investito e ucciso per errore un boss malavitoso, sfruttano l’occasione per intraprendere una carriera nel clan locale. Sembrano due bambini costretti a confrontarsi con la durezza della vita.
La terra dell'abbastanza
Andrea Carpenzano e Matteo Olivetti nel film La terra dell’abbastanza
La terra dell’abbastanza si configura come un film di formazione, un canto sincero di amicizia, e non come un classico thriller a tinte noir. I fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo rifiutano la rigida codificazione dei generi. Questa scelta ha permesso loro di avere le mani libere nella rappresentazione dei luoghi di periferia. Non c’è compromesso: la città viene inquadrata in ampissime inquadrature master, per poi andare direttamente nei dettagli, in primo piano, a volte primissimo, dei protagonisti. La carnalità che esprimono Mirko e Manolo viene incanalata in una recitazione estremamente fisica, ma stemperata da un uso non spettacolare della violenza. A livello di sceneggiatura i due fratelli, che hanno una lunga esperienza da ghostwriter, raggiungono la vetta del film. I dialoghi emergono dal contesto sociale con realismo, lo slang diventa il primo strumento di indagine psicologica, l’ironia stempera con un equilibrio da quarta, quinta opera, i momenti più drammatici.
La terra dell'abbastanza
Max Tortora e Andrea Carpenzano nel film La terra dell’abbastanza
Non c’è però una volontà di denuncia ne La terra dell’abbastanza: il gusto del fare cinema sovrasta ogni esigenza comunicativa. È un atto puro, uno sfogo creativo, quello che apre la carriera di questi due nuovi autori. Non tutto è perfetto, qualche sequenza risulta più macchinosa di altre (soprattutto un omicidio al centro, molto, troppo rapido) e non sempre si avverte il senso di pericolo e il dramma morale dei due amici, che avrebbe aiutato nel comprendere emotivamente alcune scelte negli ultimi minuti. Eppure La terra dell’abbastanza è in cima a quello che è il cinema italiano degli ultimi anni. Si colloca tra i prodotti forti, quelli che fanno ben sperare per il futuro, che fanno venire voglia di vedere altro. I fratelli D’Innocenzo continuano a percorrere la strada di riforma della settima arte nel nostro Paese senza entrare in punta di piedi, ma imponendosi con la loro energica vitalità. 

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