Il Marvel Cinematic Universe, ad aprile dello scorso anno, ha raggiunto il suo culmine con la pellicola dei record: Avengers Endgame.
Grandi applausi, ancor più grandi incassi; tutto merito di Rogers, Stark & Co. giusto?
No, non è giusto. Una sostanziosa parte del merito del successo degli ultimi due anni di pellicole corali va attribuita senza dubbio al villain che ha fatto da malevolo perno attorno al quale tutta la vicenda è rocambolescamente ruotata: Thanos.
Ecco che quindi, nell’analizzare il futuro, possibile ed ipotetico del MCU, è necessario ed imprescindibile considerare quale straordinario altro villain potrà prendere il posto di Mr. Mento-A-Prugna: Galactus.

Galactus, un non cattivo tra i cattivi

La storia Marvel, almeno quella cartacea, non è stata parca nei decenni nel proporci super cattivi di grandissimo spessore; come ad esempio Kingpin, Annihilus, Kang il Conquistatore e lo straordinario Dottor Destino.
Ma c’è un cattivo che, più di chiunque altro, ha saputo negli anni catturare il cuore di una gigantesca fetta di appassionati della carta stampata; forse proprio perché non è tecnicamente un cattivo: Galan, altresì conosciuto come Galactus.

Piccola parentesi personale: il mio primo approccio con Galactus arrivò nel lontano biennio 1989/1990, quando mio padre decise (grazie infinite!) di iniziare la raccolta dei mitologici fascicoli de “L’Enciclopedia Del Fumetto” edita da De Agostini.
All’epoca, per evidente mancanza di fondi che andassero oltre la classica paghetta della domenica, seguivo con preoccupante regolarità -per un bambino di 8 anni- solamente le avventure di Peter Parker edite da Star Comics e poco o nulla sapevo del resto del vasto Universo Marvel.
Quando mi trovai faccia a faccia, fra le pagine dell’enciclopedia suddetta, con la copertina di “Parabola” (di cui parleremo più avanti), il capolavoro a quattro mani di Stan Lee e Moebius dedicato al divoratore di mondi ed al suo nobile e scintillante Araldo -se avete bisogno che vi dica il suo nome, siete sul sito sbagliato, nell’epoca sbagliata, sul pianeta sbagliato- rimasi a bocca aperta di fronte a quel volto gigante cinto da quella che sembrava un incrocio fra una corona ipertecnologica ed un bidet viola.
Preso dalla fregola infantile di saperne di più, iniziai a spulciare fra i fumetti di mio padre, fino a che non mi imbattei in questa pagina:

Galactus attraverso gli anni, fra USA ed Europa

All’epoca ero troppo piccolo per comprendere appieno il genio di John Byrne, ma quell’immagine si piantò nella mia testolina in modo indefinito.
Solo parecchi anni dopo, tornando su quella vignetta mentre “visionavo” una raccolta dei Fab Four di Byrne a casa di un amico generoso ed un po’ distratto, fui pienamente colpito dalla metafora. Fine della parentesi personale.

Galactus non può essere considerato un cattivo, poiché non è nemmeno un essere vivente che noi mortali possiamo comprendere.
Galactus…è.
Semplicemente.
La sua nascita, come entità, è talmente avvolta nello stupore dell’assurda fantasia da sembrare positivamente inverosimile persino al più smaliziato lettore di sci-fi.
Galan è l’ultimo superstite dell’universo che ha preceduto per esistenza quello “regolare” della Marvel. Geniale scienziato del pianeta Taa, si spinse fino al cuore dell’Apocalisse che stava scuotendo il creato, per morire e rinascere come incarnazione del Potere Cosmico, destinato per compito supremo a mantenere l’equilibrio nel nuovo universo servendosi di poteri illimitati.
Un altro “strumento” tipico di Galactus sono i suoi numerosi araldi, esseri che – volontariamente o meno – si sottopongono ad una sorta di cura, nella quale un frammento dell’incommensurabile potere del Divoratore di Mondi viene loro donato, cambiandoli per sempre e “schiavizzandoli gentilmente”.
Essi saranno, da lì in avanti, costretti a vagare per il cosmo per trovare pianeti che il loro padrone possa consumare per tenere a bada la sua fame cosmica.
Ovviamente il più famoso fra questi araldi è il nobile e scintillante Silver Surfer (Norrin Radd) che, per salvare il suo pianeta Zenn-La e la sua amata Shalla-Bal (i nomi normali alla Marvel fanno schifo, it is known) accettò non senza dolore la suddetta metamorfosi.
Proprio il Surfista d’Argento è co-protagonista assieme a Galactus del suddetto capolavoro firmato da Stan Lee e da Jean “Moebius” Giraud negli anni ottanta, un fumetto di grande importanza che rivisita con una sensibilità diversa dal solito la figura del Padrone e del Servitore, inserendoli in un contesto di critica al potere della tv e all’ottusità della religione.
Ma quali sono le storie irrinunciabili, fra quelle dedicate esclusivamente a Galactus?

Galactus e i fumetti, quali leggere?

Senza alcun dubbio, è vitale iniziare a conoscere il Galactus cartaceo partendo dalle storie originali di Lee e Kirby, su tutte quelle che lo hanno fatto esordire nel ricco pantheon Marvel.
Nota come La Trilogia di Galactus, questa terna di storie intrecciò per la prima volta i destini dei Fantastici Quattro con quelli dell’ex scienziato divenuto Dio, formando un forzato sodalizio che durò nei decenni.
Nomi come Uatu l’Osservatore e il Nullificatore Assoluto iniziarono a passare di bocca in bocca fra gli appassionati lettori dell’epoca in un viaggio infinito che li ha portati anche sulle nostre labbra.
Se però, come chi scrive, avete il vizio di provare un sinistro piacere nel vedere le divinità crollare e, soprattutto, massacrarsi di calci e pugni, allora dovete rivolgere la vostra attenzione (e il vostro portafoglio) alla saga Il Seme Di Galactus scritta da Matt Fraction e splendidamente illustrata dallo strabordante talento di Olivier Coipel.
Come resistere ad una run in cui, ad un certo punto, Odino e Galactus fanno a botte come due ubriachi al pub e il Padre di Tutti risolve la cosa in un modo che farebbe contento il calciatore Zinedine Zidane?

Galactus al cinema, cosa possiamo aspettarci?

Ora, dopo aver lungamente dibattuto sulle peripezie cartacee di Galactus, sulla sua essenza e sulla sua moralità (o meglio, sull’assenza di essa) provate ad immaginare di vedere tradotta su grande schermo una lotta impari con un nemico molto più simile ad un disastro naturale che ad un criminale o ad un assassino.
Sforzatevi di visualizzare i nostri eroi uniti contro un ostacolo apparentemente insuperabile (ma che, al contempo, non ha in sé nulla di umanamente ed intrinsecamente malvagio), così come un piccolo o grande gruppo di mortali cerca spesso senza successo di sottrarsi alla furia di un uragano o di uno tsunami.
Ecco, ora aggiungete all’equazione un volto, un corpo minaccioso e fuori scala e, svolazzante attorno ad esso, un personaggio altrettanto potente e spinto ai limiti della comprensione mortale, ma in opposizione dotato di un animo nobile e, in ultima istanza, meravigliosamente umano.
Una situazione simile, se resa con maestria, al cinema potrebbe tradursi in un qualcosa di tremendamente indimenticabile, di nuovo, di appassionante, di stimolante (sorry, Mr. Scorsese).
Thanos ha avuto successo proprio perché, soprattutto in Avengers: Infinity War (il Thanos di Endgame è diverso e magari meno affascinante, ma se ve ne lamentate…you’ve completely missed the point), ci ha dato la preziosa opportunità di empatizzare con qualcuno che non potevamo fare a meno di temere.
Le sue seppur crudeli teorie facevano breccia, in qualche modo, nella nostra psiche e lasciavano un – terribile – germoglio pronto a maturare.
“E se avesse ragione?”.
Qualcosa di visto raramente al cinema, soprattutto nel mondo dei super.
Ora, nuovamente, provate a pensare di abbandonare del tutto questa novità e, invece, di abbracciare un terrore puro, un terrore rivestito di riverenza verso qualcosa che non possiamo comprendere e che non sappiamo nemmeno se DOBBIAMO combattere, più che se POSSIAMO combattere.
I singoli villain delle avventure soliste degli eroi Marvel potranno continuare anche a seguire determinati schemi, ma per il Grande-Cattivo-Dietro-Le-Quinte ci vuole necessariamente qualcosa di diverso, di nuovo.
Ci vuole Galactus.

P.S.: il film dei Fantastici 4 in cui Galactus è una nuvola non è mai esistito.