RomaFF11: SNOWDEN, la recensione del film di Oliver Stone

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SNOWDEN – Photo: courtesy of ‘Fondazione Cinema per Roma’
“Sono bravo in questo lavoro e temo che non ci sia nessun altro che possa farlo al mio posto.”
Il processo di drammatizzazione e trasposizione cinematografica di fatti realmente accaduti non sempre risulta in grado, allo stesso tempo, di intrattenere il pubblico di riferimento, trasmettere un messaggio che rimanga inalterato e rendere giustizia a chi quelle vicende le ha vissute in prima persona. Alcune storie necessitano di un’enfatizzazione in termini emotivi attraverso ciò che la Settima Arte può metter loro a disposizione (colonna sonora, montaggio, dialoghi), mentre altre sono di per sé così autenticamente sconvolgenti da riuscire ad avvincere senza dover ricorrere a espedienti del genere: la singolare storia dello statunitense Edward Snowden appartiene a questa seconda categoria.
Tutto prende il via da Citizenfour, il documentario premio Oscar nel 2014 realizzato da Laura Poitras sulla base dell’altisonante coming-out di Snowden riguardante il programma di controllo spionistico attuato da agenzie d’intelligence americane come NSA e CIA. Quando il giovane informatico (interpretato da Joseph Gordon-Levitt) decide d’incontrare la Poitras (Melissa Leo), insieme al giornalista investigativo Glenn Greenwald (Zachary Quinto) e al reporter del The Guardian Ewen MacAskill (Tom Wilkinson), al The Mira Hotel di Hong Kong, l’aria si carica di tensione prima ancora che venga pronunciata una singola parola. Quello che Snowden ha per le mani (dopo anni di collaborazione professionale con le agenzie sopracitate) scuoterà il mondo intero e intaccherà per sempre la reputazione del governo USA agli occhi dell’opinione pubblica; tutti i presenti in quella camera d’albergo ne sono consapevoli e grande è la paura di commettere anche il più piccolo dei passi falsi. Una volta stabilita l’assoluta sicurezza del meeting-place, è il momento di tornare indietro nel tempo, alla quotidianità di un normale cittadino americano convinto che il suo sia “il miglior paese del Mondo”.
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SNOWDEN – Photo: courtesy of ‘Fondazione Cinema per Roma’
Joseph Gordon-Levitt ha dalla sua un’incredibile somiglianza con la figura di Edward Snowden (soprattutto con pizzetto e capigliatura alla rinfusa), ma risulta anche e soprattutto abile a restituirne, grazie a tono di voce, tic e varie microespressioni facciali, l’intera gamma di emozioni dettate dalla sua crescente (e giustificata) paranoia. L’improvviso manifestarsi di una scomoda realtà terribilmente più grande di lui, unito a una profonda disilussione di ideali, lo porta gradualmente a mettere a rischio la sua stessa salute e il rapporto con la fidanzata Lindsay Mills (Shailene Woodley), senza ombra di dubbio uno dei punti di forza della pellicola di Oliver Stone. Il regista di JFK-Un Caso Ancora Aperto e Platoon confeziona un thriller spionistico a tutti gli effetti, in grado di coinvolgere senza ricorrere mai a sparatorie o scene d’azione di alcun tipo ma, anzi, puntando tutto su dialoghi taglienti, leggera ironia e amplificando la percezione ambientale dei suoi stessi personaggi, la quale ci suggerisce la costante presenza di una minaccia invisibile dalle inimmaginabili potenzialità.
L’intelligence statutinense teneva (tiene?) sotto controllo l’intera popolazione mondiale. Una Rete senza limiti di informazioni private (foto, video, sms, mail, ecc) alla mercé di chiunque, con il giusto software tra le mani, inserisca nel motore di ricerca un semplice nome o una qualsivoglia parola-chiave. A partire da un singolo individuo, si arriva automaticamente ad ognuno dei suoi contatti, i quali hanno contatti a loro volta e così via; in pochissimo tempo, si ottiene un controllo incrociato su innumerevoli fronti che permette di svelare senza difficoltà anche il più protetto dei segreti ed esercitare un controllo senza pari sulle dinamiche politiche mondiali. Se la verità di una violazione della privacy su scala globale non fosse ancora riuscita a farsi strada con le proprie gambe e convincere i liberi cittadini a elevarsi all’unisono contro di essa, l’opera di Stone ha il grande pregio di riuscire a infondere timore e dubbio attraverso l’intrattenimento e contribuire notevomente a farci raggiungere un maggiore livello di consapevolezza.
Rating_Cineavatar_4-5