
Nell’approcciarmi a scrivere di Vi Presento Toni Erdmann, cui non si può riconoscere, malgrado tutto, l’assoluta originalità, o meglio l’eccentrica unicità con cui spunta come un fungo nel bosco delle pellicole dell’ultimo anno, non mi limiterò ad un punto di vista meramente critico. Si tratterà piuttosto di formulare una meta-critica, nel senso più banale di una critica della critica (cinematografica), dal momento che, in linea di massima, il fenomeno più difficile da comprendere è, per me, l’entusiasmo di massa che lo ha prima acclamato come più papabile vincitore della Palma d’oro a Cannes (poi vinta da Ken Loach), poi come film più importante dell’anno sulla più prestigiosa delle riviste europee, Les cahiers du cinéma.
Si tratta sicuramente di un’opera senza precedenti linguistici e formali, ma non altrettanto nuova per quanto riguarda il contenuto della trama. È infatti una commedia esistenziale in cui Winfried, ex insegnante di musica in pensione nonché simpatico sessantacinquenne che occupa la propria quotidianità tra scherzi e farse, penetra nella grigia vita della figlia Ines, consulente aziendale in carriera. Lo fa dapprima con la propria identità e poi mascherato (con parrucca in stile Donald Trump e dentiera prominente) dal coach Toni Erdmann, portando così il brio e la vivacità di un’inedita prospettiva ad una vita assorbita dalla routine lavorativa.
