“La vita è dura… e, se non sei duro come la vita, non vai avanti.”
Il 26 maggio del 2015 ci ha lasciato Claudio Caligari, regista sconosciuto a molti ma, per noi e per tanti altri, un caro e vecchio amico che è stato in grado di regalarci intense emozioni, raccontando le storie dei cosiddetti “ragazzi di vita”, termine con cui Pier Paolo Pasolini si riferiva amorevolmente ai propri figli.
Nel 1983 uscì al cinema Amore Tossico, pellicola che raccontava le vicende di un gruppo di giovani tossicodipendenti di Ostia (vere persone del luogo, ormai in gran parte decedute). Una parabola cruda e verosimile sul degrado degli anni ’80 che segnava anche la nascita culturale del fenomeno dell’eroina; non tutti sanno che il povero Caligari dovette far fronte ai problemi causati dagli stessi attori, i quali spesso venivano arrestati o resi inadatti a recitare dall’eccessivo uso di droga. Il film venne presentato al Festival di Venezia, in una sezione speciale, e vinse il premio De Sica, accanto alle opere di colossi come FedericoFellini e Sergio Leone.
Nel 1998 il regista ritorna con L’Odore della Notte, lungometraggio con protagonisti Valerio Mastandrea, Marco Giallini e Giorgio Tirabassi e incentrato sulla rabbia di un gruppo di ragazzi della periferia di Roma, dedito alla violenza e alle rapine.
Ecco chi era Claudio Caligari: un regista dalla sensibilità acuta e dall’anima di strada; è bellissimo e rassicurante pensare che abbia passato gli ultimi momenti della sua vita a girare il suo testamento cinematografico, Non Essere Cattivo, presentato postumo alla 72ma Mostra del Cinema di Venezia, dove ha vinto il Premio Pasinetti per il Miglior Film, insieme all’attore protagonista Luca Marinelli (Tutti I Santi Giorni, La Grande Bellezza).
Aiutato dal suo vecchio amico Valerio Mastandrea, il cineasta è tornato nei luoghi a lui cari, quella Ostia ferma a 30 anni fa come l’immagine di una vecchia cartolina, e ha raccontato con sincerità e tenerezza la storia di due giovanissimi ragazzi di strada degli anni ’90 e delle loro scorribande fra eccessi di sostanze stupefacenti (l’eroina dei primi anni ’80 di Amore Tossico ha dato spazio alla droga sintentica della generazione X) e violenza atta a colmare il vuoto di una vita senza prospettive e amplificata in negativo dal dolore dei problemi personali.
Vittorio e Cesare saranno sempre legati da un sottile filo invisibile, sono fratelli di vita, anche quando il primo deciderà di calmarsi e dare un verso alla propria esistenza, cercando contemporaneamente di aiutare il suo migliore amico, con il mondo della strada a rievocare continuamente il suo nome. D’altro canto, la vita di Cesare non è semplice e la morte della sorella malata di Aids sembra averlo segnato per sempre nel profondo; una nipotina sieropositiva e una madre anziana sono tutto ciò che gli rimane, al di fuori delle suadenti “conoscenze della notte”.
Stiamo parlando di un cinema post-neorealista, dove la realtà viene inquadrata nuda e cruda senza il bisogno di doverla “confezionare” e renderla, in questo modo, facilmente digeribile dallo spettatore; è propro questo che ha reso Claudio Caligari un regista amatissimo anche dalle nuove generazioni. Se molti ragazzi conoscono a malapena le opere di Fellini, di sicuro conoscono invece quelle del regista di Arona e ne hanno grande considerazione; il perché è presto detto: Caligari ha amato gli “ultimi nella vita”, ha amato incondizionatamente ogni personaggio dei suoi film, andando ben oltre la loro posizione sociale che, anzi, diventava il suo vero “ago della bilancia”.
Da grandi estimatori del maestro e del suo cinema, non possiamo che sorridere al pensiero di Caligari felice e incazzato al tempo stesso, mentre dice addio alla vita, e non possiamo non pensare a un vero e proprio cerchio che si chiude, sentendo parlare Vittorio e Cesare di gelati in quella rotonda di Ostia a noi così familiare: quello stesso luogo, quella stessa inquadratura e quello stesso gelato appartengono anche a Ciopper ed Enzo di Amore Tossico… ed è così che tutto torna al quel lontano 1983.