
In tutto il cinema che avremo visto in una vita, sarà certamente categoria numerosa quella che enumererà di quanti confessati segreti inconfessabili saremo venuti a conoscenza e con quante storie di sacrificio e diniego ci saremo trovati a condividere le nostre emozioni. The Wife, l’ultimo film di Björn Runge, potrà facilmente essere inscritto in un gruppo tale di storie, ma con almeno una doverosa prudenza: il fatto che il grande mistero che avvolge la narrazione e che condiziona tutti i rapporti – il vero grande coup de théâtre che viene a lungo suggerito e che esplode verso il finale – non è il vero perno del film, ma solo un punto d’arrivo.
Il vero fulcro è suggerito dal titolo – non occorre spirito di osservazione – e sorregge l’intera ossatura: è Joan Castleman (una straordinaria Glenn Close), moglie dello scrittore Joe Castleman (Jonathan Pryce), la cui fortunatissima carriera da romanziere e pensatore giunge all’apice del riconoscimento con l’assegnazione del Premio Nobel. Un grande uomo sostenuto da una donna tutta d’un pezzo, viene da pensare. Ma progressivamente, gli equilibri cambiano, si insinua un dubbio che acquista, nell’economia della narrazione, due voci: quella di un altro scrittore (Christian Slater), intenzionato quasi morbosamente alla vita della coppia, in vista del possibile incarico di una biografia; e inserti in flashback (talvolta un po’ deboli) che ricostruiscono la storia dei due coniugi, in cui si colgono le prime avvisaglie di una sotterranea ma non spontanea incompatibilità, intellettuale in modo particolare – perché sentimentalmente è impossibile non dire di un rapporto virtuoso sotto certi aspetti, benché non completamente sano sotto altri – in un gioco delle parti (professionali) dettato da necessità e imposte limitazioni.
