Toni (Adel Karam), un meccanico cristiano libanese, innaffia le piante del suo balcone facendo cadere dell’acqua sulla testa di Yasser (Kamel El Basha), palestinese e caposquadra del cantiere adiacente. Tra i due inizia subito una discussione accesa che termina con un insulto di Yasser ai danni di Toni, il quale decide di trascinare Yasser in tribunale. Prende così il via un lungo processo dove il confronto tra i due si trasforma in dibattito di interesse nazionale.
Una banale lite sfocia così in un confronto pubblico, acceso e logorante che fotografa la difficile convivenza di due fazioni che portano ancora i segni di una guerra civile insanabile. Nello splendido racconto, il regista non si limita a tessere una trama avvincente e ritmata ma la arricchisce di un profondo sotto testo, mai scontato, legato al tema della colpa. Ziad Doueiri fa riflettere su come la sofferenza non sia prerogativa dei gruppi etnici o religiosi ma dell’umanità stessa. Il film è particolarmente riuscito grazie alla bravura degli interpreti, figure tanto verosimili ed empatiche che mettono in atto scelte etiche e morali più o meno condivisibili in una vera e propria montagna russa di emozioni.
Oltre al tessuto di personaggi, il regista punta su un ritmo incalzante e ricco di colpi di scena. La costruzione della pellicola è un crescendo drammatico in chiave legal drama dove un banale litigio diventa l’escamotage narrativo che fa scaturire azioni sempre più aggravanti. Le fazioni avversarie portano il conflitto all’interesse della politica e dei media, fino a sfiorare una tensione da guerra civile.
The Insult punta molto sul linguaggio in quanto, come spesso viene evidenziato, le parole sono importanti e hanno un peso specifico soprattutto in contesti come quello delle strade di Beirut.
Una pellicola sorprendente e necessaria sulla parabola dei valori umani con il giusto tocco di sensibilità e senso di giustizia in un finale, inaspettatamente, positivo e rassicurante.