Diretto, anticonformista, audace: Mona Lisa and the Blood Moon di Ana Lily Armipour è un b-movie che profuma di anni ’90 ma guarda al futuro.
Presentato in concorso a Venezia 78.

A New Orleans c′è una ventata di follia,
è come una malia,
che ha preso tutti i negri di New Orleans
Oh yes…

Nel 1959 Jula De Palma cantava “Quando una ragazza a New Orleans“, brano scritto dal trio Luttazzi-Scarnicci-Tarabussi. Titolo che potrebbe riassumere l’epopea autarchica di Mona Lisa Lee (Jeon Jong-seo), una giovane ragazza che cerca di trovare il suo posto nel mondo.

L’elogio degli ultimi

Mona Lisa and the Blood Moon riesce a rinnovare il genere supereroistico, o meglio il genere “superpoteri”, in un modo così brillante che stupisce non sia arrivato prima al cinema. Seguiamo Mona, una ragazza che evade da un ospedale psichiatrico grazie ai suoi poteri psionici, di controllo mentale. È una mutante, o giù di lì. Ma soprattutto è l’unica mutante che ci viene presentata in questo universo narrativo. Gli altri sono semplici umani, spesso ultimi e reietti.

Che interesse hanno i poteri paranormali nelle strade quanto mai ordinarie? Praticamente zero. Ecco allora che Ana Lily Amirpour, regista pop e anarchica di A Girl Walks Home Alone at Night e The Bad Batch, usa l’aspetto fantascientifico per aggiornare in tono fumettistico una storia alla Un sogno chiamato Florida. Siamo lontani dal neorealismo, ma sotto la patina elettrizzante e quasi allucinogena della messa in scena c’è tanta realtà che penetra il racconto.

Leggi anche: The Bad Batch, la recensione del film di Ana Lily Amirpour 

mona lisa and the blood moon

La strada verso la libertà

Mona Lisa and the Blood Moon è on the road movie in cui Mona scopre sé stessa incrociando un’umanità ai margini. Sono esistenze condotte nei vicoli sporchi, nei night club, dove sopravvivere conta di più che avere un progetto dignitoso per il proprio avvenire.

Accompagnata da una colonna sonora dance elettronica (in cui sono presenti la cover funky groove di Shooting Star/Ufo Robot firmata da Bottin & Rodion e la lounge version di Estate di Bruno Marino, sempre a cura di Rodion feat. Louie Austen), Mona vaga per New Orleans, una città al collasso, tra criminalità e luci rosse, che da sola riesce a creare tensione richiamando al disastro generato dall’uragano Katrina. Nel film la gigantesca luna piena, dalla durata di ben tre giorni, osserva dalla distanza gli eventi. Un presagio inquietante, che la regia riesce a tramutare in segno di libertà.

Guardare al futuro

È un cinema delle nuove generazioni, quello di Mona Lisa and the Blood Moon, da vivere nelle ossa e nei muscoli ancora prima che nella mente. La storia è infatti troppo esile per reggere un peso drammatico in grado di coinvolgere razionalmente. Ci sono però alcune battute (“ci vediamo nel sequel”) e alcuni incontri (come quello con il bambino), che dimostrano quanto Ana Lily Amirpour conosca la materia che sta trattando.

Gioca col pubblico, non si prende mai sul serio, eppure riesce anche a trovare un’atmosfera propria mescolando suggestioni. Ci sono il cinema d’autore e di ricerca, la video arte, l’horror di fantasmi giapponese e, ovviamente, il cinefumetto (non mancano analogie con la serie The Boys o The New Mutants).

È un’appropriazione del tutto legittima. È quello che devono fare gli autori con un genere così di successo: entrare nelle pieghe di una struttura obbligata, infrangerla (il film termina con un cliffhanger così prematuro da far sembrare tutto quello che abbiamo visto un prequel di qualcosa di più), e farla propria.

mona lisa and the blood moon

Back to the 90s

Diretto, anticonformista, audace: è un film da cassetta Mona Lisa and the Blood Moon, un b-movie direct to video che profuma di anni ’90 e guarda al futuro. Amirpour firma un coming of age sulla discesa-ascesa degli outsiders nell’universo a stelle e strisce; la corsa di una straniera verso il Continente Nuovo spinta dal desiderio di integrazione ed emancipazione, dal miraggio dell’American way of life (sembra chiaro il sottotesto autobiografico della regista di origini iraniane).

Mona Lisa and the Blood Moon è un’iniezione di energia che serviva alla Mostra del cinema di Venezia. È un film ipnotico e ritmato, in cui la regia si muove godendo il semplice e puro atto di fare cinema. Le inquadrature sono lo strumento, il montaggio le note. Basta sedersi ed ascoltare per essere trascinati in questa pop-opera al neon, psichedelica e lisergica come il cinema di Ana Lily Armipour.

Gabriele Lingiardi e Andrea Rurali

Presentato in concorso a Venezia 78.

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