House of Gucci è un tentativo mancato di raccontare una saga familiare fatta di sfarzo, intrighi e un omicidio.

House of Gucci è il nuovo film di Ridley Scott che racconta le vicende legate alla morte di Maurizio Gucci, rampollo della famiglia Gucci, assassinato per mano di un sicario il 27 Marzo 1995.

La trama si sviluppa come un racconto tentacolare e caotico di faide familiari, gelosie e intrighi alla stregua, però, di una soap opera bizzarra e di scarso livello.  È un film opulento House of Gucci che, però, riesce a trasformare l’abbondanza in grave mancanza. Alla narrazione, infatti, manca un’idea forte e una ragione credibile di esistere.

La materia prima è tragedia e farsa allo stesso tempo. Man mano che procede il racconto, il film diventa la parodia di una famiglia nota, caratterizzata da pregiudizi e stereotipi desueti sugli italiani visti attraverso lo sguardo di un americano.

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Il trionfo del trash

House of Gucci vacilla tra una ricerca di una forma impeccabile e un nonsense generale che infastidiscono e confondono. Inoltre la scelta di far parlare il cast in inglese con un accento marcatamente forzato (con una deriva verso l’idioma russo) fa sì che House of Gucci sia un film che andrebbe visto doppiato, per prendere le distanze da quella sensazione di straniamento dato dalla scelta, inutile, della dialettica italo americana.

Sicuramente l’interpretazione velatamente macchiettistica va a combinarsi con una scelta narrativa che non solo risulta poco credibile, ma che riesce a trasformarsi in una vera e propria farsa. Tutto è inutilmente esagerato: le reazioni, le espressioni facciali dei personaggi e le situazioni diventano un connubio di sfarzo decadente e smorfie caricaturali.

Ridley Scott, nonostante lo stile e la maestria, riesce a mancare la visione d’insieme e l’ispirazione necessaria. La sceneggiatura, di Becky Johnston e Roberto Bentivegna (basata sul libro di Sara Gay Forden), è ripetitiva e sconclusionata fatta di diverbi superficiali in location da sogno. Se per alcuni versi le diatribe e certi scenari di costume risultino divertenti, il film non riesce a sostenersi per tutta la sua durata. Da principio troviamo un Maurizio (Adam Driver) tranquillo e un po’ passivo con Patrizia (Lady Gaga) che lo spinge verso un’idea più audace di sé. Sfida così il padre aristocratico, Rodolfo (un impeccabile Jeremy Irons), che considera Patrizia un’arrampicatrice sociale e una cercatrice d’oro. Nonostante i dubbi del padre Maurizio e Patrizia volano a nozze.

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Una famiglia al collasso

Da qui in poi il tono del film si sposta dalla commedia festaiola al dramma più alto e cupo. E così House of Gucci diventa esageratamente noioso. L’entrata in scena della vecchia generazione di Gucci, divisa tra Rodolfo e suo fratello Aldo (Al Pacino), che gestisce la parte newyorkese dell’azienda, non riesce ad essere incisiva ai fini del racconto e il film si perde completamente. Patrizia esorta Maurizio a coltivare alleanze con suo zio e suo cugino Paolo (Jared Leto imbarazzante) per poi pianificare di cacciarli via. Le sue motivazioni, piuttosto che essere contraddittorie in modo interessante, diventano incoerenti.

Tutto il potenziale del film, sostenuto dal glamour, dagli intrighi, dalle trame che portano all’omicidio, è perso e le emozioni sembrano stipate in una cornice grottesca. A questo punto House of Gucci perde il filo della sua storia e crolla sotto il disprezzo per i suoi stessi personaggi.


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