Pablo Larraín presenta in concorso a Venezia 80 il suo nuovo film El Conde, con un Pinochet in versione vampiro. Recensione.

Di cosa parla El Conde? Ecco la recensione

El Conde è una commedia dark/horror che ipotizza una realtà alternativa ispirata alla storia recente del Cile. Il film ritrae Augusto Pinochet (Jaime Vadell), simbolo del fascismo mondiale, nei panni di un vampiro che vive nascosto in una villa in rovina nella fredda estremità meridionale del continente. L’uomo nutre il suo desiderio di malvagità al fine di perpetuare la propria esistenza. Dopo duecentocinquanta anni di vita, Pinochet decide di smettere di bere sangue e abbandonare il privilegio della vita eterna.

Un’estetica antica

Pablo Larraín mette in scena la storia di Augusto Pinochet ricorrendo a un bianco e nero potente e saturo, che ricorda le pellicole antiche. La scelta estetica è da legarsi anche alla rappresentazione, a volte brutale e sadica, del sangue e della morte. Il bianco e nero accentua il tragico e la violenza: teste mozzate, cuori pulsanti e fiumi di sangue diventano pennellate scure, sfumature nella scala dei grigi.

Il regista cileno fa emergere l’interazione tra la percezione romantica di un vampiro e l’idea che il male si possa nutrire, letteralmente, di sangue per resistere agli anni.

El conde recensione
Credits Netflix – Fonte: La Biennale di Venezia El conde recensione
Intervista col vampiro

El Conde diventa una metafora molto semplice da risultare quasi didascalica: un dittatore che si nutre di crimini e omicidi dopo averli provocati.

Il film è molto complesso e a tratti sfiora l’assurdo nella sua idea di raccontare un personaggio come Pinochet in un’ottica così letteraria. Il vampiro, per antonomasia, è un essere che non smette di imperversare nella storia. I vampiri non muoiono, non scompaiono così come le razzie di un dittatore che non ha mai affrontato la giustizia.

Di satira e farsa politica

Larraín mette in scena l’immunità di Pinochet utilizzando il linguaggio della satira e della farsa politica. Pinochet diventa così il Generale che soffre di una crisi esistenziale poiché teme di passare alla storia come ladro invece che per i suoi misfatti politici. L’incognita di porre fine alla propria vita o imperversare nel male è un tema chiave della narrazione. La famiglia disfunzionale, una nuova relazione amorosa e la scoperta delle proprie, bizzarre, origini spingono il protagonista a voler perpetrare il male eterno.
Una retorica, nemmeno troppo velata, della storia che si ripete e degli errori pericolosi commessi dal genere umano.