
Amazon Prime Video, con Carnival Row, aveva un obbiettivo ben preciso da portare a termine: quello di correre alla creazione di una nuova proprietà intellettuale originale in grado di rivaleggiare con quelle grandi serie entrate già di diritto nell’Olimpo del piccolo schermo.
Ogni cosa di questa serie, creata da René Echevarria e Travis Beacham, mira a diventare il nuovo caso mediatico in stile Game of Thrones: un impianto di produzione notevole, un cast di livello, un immaginario molto convincente e suggestivo che, a conti fatti, non sono stati tuttavia ancora sufficienti a catturare l’interesse del pubblico.
Intendiamoci, Carnival Row non è una brutta serie, tutt’altro. Pesca a piene mani da vari generi letterari e cinematografici per confezionare un prodotto tutto sommato coerente, andando a costruire l’ennesima ambientazione fantasy ma diversificandola da tutto quello visto finora.
Il linguaggio della serialità televisiva, però, non viene sfruttato a dovere e purtroppo il progetto impiega troppo tempo ad assumere un visione chiara e precisa, facendo intuire a chi guarda dove voglia realmente andare a parare.
Veniamo trascinati in una sorta di Londra Vittoriana, dal sapore vagamente “steampunk”, in cui gli esseri umani si sono trovati costretti a convivere con creature fantastiche in un clima pregno di tensioni razziali, dove questi esseri, relegati ai margini della società, svolgono i lavori più umili: centauri facchini, puck che servono nelle case di umani facoltosi e fate che si prostituiscono per qualche moneta.
Mentre il parlamento discute dei crescenti episodi di razzismo e della rabbia crescente nelle strade, ad alimentare questo conflitto arriveranno anche una serie di orribili omicidi che renderanno la città una vera e propria polveriera pronta ad esplodere.
