Recensione di Black Adam, eroe/antieroe interpretato da Dwayne Johnson nel film DC diretto da Jaume Collet-Serra.

Nel paese mediorientale di Kahndaq, il sindacato criminale Intergang ha rivendicato la terra. Il giovane Amon (Bodhi Sabongui), insieme alla madre Adrianna (Sarah Shahi), è entrano in possesso della Corona di Sabbac, un dispositivo magico in grado di conferire a chi lo indossa un potere tremendo. Adrianna cercando la corona scopre un’antica tomba e libera Teth Adam (Dwayne Johnson), il leggendario eroe che sconfisse il malvagio re 5000 anni prima. Il ritorno di Teth Adam, però, preoccupa la Justice Society, composta dal Dottor Fate (Pierce Brosnan), Hawkman (Aldis Hodge), Cyclone (Quintessa Swindell) e Atom Smasher (Noah Centineo) che sarà incaricata di imprigionare questo nuovo essere sovraumano.

Black Adam Dwayne Johnson
Frame dal trailer di Black Adam recensione
Copia e incolla

C’è molto da capire in Black Adam, dalla genesi del personaggio al rapporto con il luogo e gli altri personaggi dell’universo DC, ma il film sembra dare per scontato che il pubblico abbia familiarità con il personaggio. La sceneggiatura non chiarisce le cose in modo elettrizzante, preferendo scivolare sui dialoghi per alimentare le motivazioni che spingono all’azione i vari protagonisti.

Black Adam prova, disperatamente, ad essere una versione oscura e tormentata dello stesso copione che il pubblico ha ormai digerito negli ultimi 10 anni. E non si vergogna nemmeno di realizzare una copia carbone, meno originale ed evocativa, dell’universo cinematografico concorrente. L’intento sembra essere quello di avvicinare al genere un pubblico che, probabilmente, ha vissuto in una grotta nell’ultimo decennio.

Black Adam manca d’immaginazione. Non c’è un solo personaggio qui che non sembri una fotocopia a buon mercato di uno di Gotham o del MCU. Non una singola battuta originale, non una singola scena di combattimento che non sia realizzata in slow motion o abusando del CGI.

La sceneggiatura di Rory Haines, Sohrab Noshirvani e Adam Sztykiel sembra intenzionata a raccontare il paese immaginario di Kahndaq sfruttando il potenziale dell’idea di un film di supereroi incentrato su personaggi mediorientali che porti a riflette sull’eredità dell’imperialismo occidentale. Ma non appena Teth-Adam ritorna sulla scena ai giorni nostri, la scrittura diventa didascalica con troppe battute e spiegazioni.

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Da destra Hawkman e Black Adam recensione
Teth Adam, il “peso” dell’antieroe

Johnson interpreta un personaggio irruento e “pesante”, ma non ha il giusto approccio attoriale per dare una dimensione tridimensionale a Teth-Adam, che è più torturato di quanto si lasci intendere. Black Adam non ha bisogno di essere alleggerito, ma funziona meglio con l’aggiunta di altri personaggi, come Hawkman e il dottor Fate, che aiutano a conferire un peso narrativo più solida nel momento di maggior bisogno.

Black Adam trova i suoi punti di forza nelle prime battaglie, ma nella seconda parte del cinecomic inizia a diventare insostenibile per i conflitti riciclati e lo stile fin troppo leggero ( che strizza l’occhio a scene già viste nel MCU) di Jaume Collet-Serra. Il regista esagera con l’uso del ralenti per amplificare la tensione.

Black Adam è un personaggio freddo e, per quanto si cerchi di fargli intraprendere la via della redenzione, la parte più interessante rimane il suo atteggiamento da antieroe.

L’impresa del protagonista si esaurisce molto prima che si concluda il film. Di conseguenza Teth-Adam, come anticipato, è un personaggio difficile da tenere “vivo” sul grande schermo, rendendo l’esperienza visiva faticosa. Il che non è mai un bene per un film di supereroi.

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