Ancora più bello riporta sul grande schermo l’ottimismo irrefrenabile di Marta e dei suoi amici.

Ancora più bello porta in scena il mix vincente del film precedente: un tono preadolescenziale condito di dolcezza zuccherosa e una chiave di lettura leggera, non banale.

La regia, affidata questa volta a Claudio Norza, è molto più convenzionale del primo film anche se mantiene l’estetica fumettosa e dai colori accesi, con una colonna sonora super moderna. La trama amplia notevolmente la narrazione del personaggio di Marta (Ludovica Francesconi) accentuando anche, in maniera esponenziale, le vicende secondarie (tra queste un tentativo, forse non riuscito, della tematica del metoo) che non riescono, almeno per ora, ad avere margine di crescita.

Così come era successo in Sul più bello, il ritmo avvolgente e frenetico sopperisce a certi archi descrittivi trascurabili e a soluzioni narrative scaltre. Il film affronta nuovamente il tema dell’ottimismo, la spinta a vivere la vita con il sorriso trovando sempre la forza di andare avanti, ma questa volta sembra voler ricordarci che i drammi, spesso, vanno affrontati come tali.

Crescere con le proprie paure

Ed è qui che Marta comincia a crescere e abbandona (Ludovica Francesconi si conferma la vera forza trascinante del film) la messa in scena ludica, la rappresentazione viva dei suoi desideri e della sua irrefrenabile immaginazione. La chiave di lettura ironica e la dimensione spensierata dell’esistenza lascia spazio alla paura. Marta, per la prima volta, sente di avere paura e cede al suo inguaribile ottimismo, quasi cercando consolazione nella realtà vera.

In Ancora più bello tornano i personaggi che avevamo conosciuto nel primo film, Jacopo (Jozef Gjura) e Federica (Gaja Masciale); poi ci sono volti nuovi, tra cui Gabriele (Giancarlo Commare), che scombineranno gli equilibri.

Marta, sempre nell’ottica di crescita del personaggio, ribadisce la sua decisione di essere tornata single, come se l’illusione sull’amore a cui è rimasta fedele inizialmente sia svanita in una bolla. Forse gli opposti, dopotutto, non si attraggono, anche se il film indugia su questa tesi in una delle trame secondarie. Magari non vale per Marta, che comunque si fidanza con Gabriele, che brutto non è.

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La dicotomia della bruttina che colpisce il cuore del bello e dannato è, per fortuna, superata. La nuova relazione della protagonista è più matura (e a distanza) e predilige la dimensione più caratteriale e introspettiva dell’altro; Gabriele infatti è attento, imbranato ed estremamente dolce. Almeno abbiamo fatto un passo in avanti.

Il film è leggero e dimostra una buona personalità anche quando si scontra con il dramma. É un buon prodotto per il pubblico a cui si rivolge e Norza è rispettoso dell’estetica pop su cui è costruito il successo del primo lungometraggio. Peccato che questo sequel si concluda lasciando molte cose in sospeso. Forse tante, troppe. Ma d’altra parte dobbiamo aspettare ancora un capitolo per una conclusione definitiva delle vicende di Marta e Co.

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