L’immaginario horror è piacevolmente composto da mostri e da luoghi. Posti maledetti, come la stanza 1408, luoghi liminali (appartenenti alla categoria di “soglia”) come il portale nel sottovalutato Punto di non ritorno, spazi vuoti come in Alien, o labirintici come in Shinning.
Quello della casa maledetta non è certamente un nuovo topos narrativo e Amityville – Il risveglio lo sa.
I personaggi sono consapevoli di essere nel mezzo di uno scontro tra forze che tendono alla conservazione della vita e forze della morte. La consepevolezza dell’ambiente viene, in questo caso, da un furbo gioco metacinematografico (che non fa altro che confermare la grandezza dello Scream di Wes Craven). I delitti di Amityville e i suoi misteri sono stati ampiamente documentati, trasposti in numerosi film e documentari. I protagonisti di questo reboot\sequel diretto da Franck Khalfoun possiedono la documentazione, hanno visto allo sfinimento i film. Sono insomma affascinati, attratti, e al contempo respinti dalla casa maledetta.
Non c’è spazio per alcuna introduzione, tutte le carte, ad inizio film, sono già in tavola. L’orrore può scorrere da subito, assieme alla consapevolezza già acquisita. Personaggi e spettatore sono allo stesso livello, il piatto è servito.
Sfortunatamente Amityville Il risveglio non sembra ambire ad essere qualcosa di più che un horror da cassetta a basso budget.
