L’immaginario horror è piacevolmente composto da mostri e da luoghi. Posti maledetti, come la stanza 1408, luoghi liminali (appartenenti alla categoria di “soglia”) come il portale nel sottovalutato Punto di non ritorno, spazi vuoti come in Alien, o labirintici come in Shinning.
Quello della casa maledetta non è certamente un nuovo topos narrativo e Amityville – Il risveglio lo sa.
I personaggi sono consapevoli di essere nel mezzo di uno scontro tra forze che tendono alla conservazione della vita e forze della morte. La consepevolezza dell’ambiente viene, in questo caso, da un furbo gioco metacinematografico (che non fa altro che confermare la grandezza dello Scream di Wes Craven). I delitti di Amityville e i suoi misteri sono stati ampiamente documentati, trasposti in numerosi film e documentari. I protagonisti di questo reboot\sequel diretto da Franck Khalfoun possiedono la documentazione, hanno visto allo sfinimento i film. Sono insomma affascinati, attratti, e al contempo respinti dalla casa maledetta.
Non c’è spazio per alcuna introduzione, tutte le carte, ad inizio film, sono già in tavola. L’orrore può scorrere da subito, assieme alla consapevolezza già acquisita. Personaggi e spettatore sono allo stesso livello, il piatto è servito.
Sfortunatamente Amityville Il risveglio non sembra ambire ad essere qualcosa di più che un horror da cassetta a basso budget.
Nonostante la premessa assai centrata, la regia di Franck Khalfoun si lascia andare ai trucchi più bassi. I jump scare tengono banco come unico appiglio di terrore. Non c’è alcuna logica dietro ai colpi di subwoofer, non c’è costruzione della tensione dietro agli spaventi. Semplicemente, nel mondo di Amityville, accadono cose molto rumorose improvvisamente. I personaggi vedono apparizioni nel più tranquillo dei momenti, si spaventano, e tornano alle loro normali attività. Questa pigrizia in fase di regia impedisce al film di restare sotto pelle una volta arrivati ai titoli di coda.
Il fascino con cui viene ripreso il ragazzo in coma, oggetto orrorifico per il suo essere in bilico tra la vita e la morte, non raggiunge la potenza dei “non morti” di It Follows proprio per il suo agire urlato e mai subdolo.
Per intenderci: il film fa saltare sulla sedia, ma non crea ansia. Senza audio, tutta la forza adrenalinica verrebbe divorata in un vortice di brutta computer grafica.
Eppure in Amitivylle Il risveglio c’è un po’di oro che luccica. Nonostante i grossi problemi distributivi e produttivi (il film sarebbe dovuto arrivare nelle sale almeno 2 anni fa) la mano del produttore Jason Bloom c’è e si vede. Amitivylle è infatti un horror che ha il merito di essere consapevole della sua portata, non andando oltre quella che è la giusta durata per un prodotto simile.
Il film trasuda un genuino amore per le storie attorno al fuoco e questo, in un’estate cinematografica così insipida, potrebbe essere un buon motivo per uscire dalla sala almeno soddisfatti.