A QUIET PASSION, la recensione del film di Terence Davies

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A Quiet Passion (2016) di Terence Davies
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A Quiet Passion (2016) di Terence Davies
A Quiet Passion è un biopic atipico perché riesce a trovare, nella reinterpretazione personale di Terence Davies, la sua ragione d’esistere al cinema. Emily Dickinson, protagonista del film, viene indagata rifuggendo ogni tentazione santificatrice. Le gesta della poetessa sono infatti marginali negli equilibri dello sviluppo filmico. Le sue scelte di vita, tra cui la costante tensione tra l’ispirazione artistica e i doveri di casa, sarebbero state, in un film comune, l’aggancio perfetto con il pubblico generalista. Davies sceglie invece di chiedere uno sforzo in più al pubblico, per avere una ricompensa maggiore a fine viaggio.
Emily Dickinson viene sostituita idealmente alle sue poesie, che ritmano i momenti chiave della pellicola e che fanno da trampolino per un’indagine della vita dal punto di vista psicologico. La protagonista è costruita attraverso il contrasto o le similitudini con le persone da cui è circondata. I comprimari, lontani dal realismo storico, sono declinazioni fisiche dei conflitti che animano la poetessa. La fede, problematica e travolgente, è messa in discussione dalla tentazione di ribellione. Il fisico cagionevole, che veicola la sensazione di inadeguatezza ai canoni estetici della società, è opposto alla travolgente libertà della gioventù quasi come se fosse una condanna a una costante infelicità.
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A Quiet Passion (2016) di Terence Davies
A Quiet Passion va guardato oltre la sua cornice di film in costume. Davies si giova dell’incredibile fotografia di Florian Hoffmeister per proporre un tripudio di forme geometriche e simmetrie in dialogo l’una con l’altra. I movimenti di macchina, curati e precisi, come sempre per il regista, descrivono attraverso le immagini le poesie lette in voice over. Cynthia Nixon, che interpreta Emily Dickinson, è vittima di un eccessivo conformismo ai canoni della recitazione di questo genere di opere, spesso stentata e teatrale, ma vede la sua performance fortemente aiutata dal contenuto inaspettatamente ironico dei dialoghi. Il regista non risparmia nulla allo spettatore: lo screen time di oltre 2 ore permette di trattare in profondità i temi in gioco, propone senza filtri le sofferenze della malattia in una sequenza tra le più difficili da guardare per come si avvicina all’atto della morte. Il film riesce, così, a rendere unica la storia di una vita, facendola sua e declinandola secondo la visione calda e stimolante di un autore.
A Quiet Passion non è quindi un semplice biopic su Emily Dickinson, ma un’indagine sulla vocazione all’arte, un racconto d’amore e di famiglia articolato attraverso le piccole e grandi passioni di una straordinaria persona come tante.