47 METRI, la recensione del thriller con Mandy Moore e Claire Holt

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47 metri recensione
47 Metri - Photo: courtesy of Adler Entertainment
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Il poster italiano di 47 Metri
Lisa e Kate sono due sorelle che partono per una vacanza in Messico. Lisa è stata recentemente lasciata dal fidanzato e Kate cerca di farla svagare il più possibile. Decidono quindi, non senza dubbi, di provare un’esperienza estrema: immergersi, protette da una gabbia, in un punto dell’oceano particolarmente popolato dagli squali. L’avventura si trasformerà in un incubo quando il gancio che collega la gabbia alla barca si rompe e le due precipitano sul fondale.
Tra gli svariati natural horror, ovvero il tipo di film che mette in scena lo scontro tra l’uomo e gli animali, è difficile tenere il conto di quelli con protagonisti gli squali. Si può dire con certezza che lo squalo è uno degli animali più legati al terrore, alla paura. Ovviamente molto si deve a Lo squalo di Steven Spielberg, del 1975, che diede inizio a un filone sterminato con risultati molto diversi tra di loro, passando dagli horror puri alle derive trash in stile Sharknado. Insomma, ormai è quasi impossibile fare un film sugli squali che sia completamente originale.
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47 Metri – Photo: courtesy of Adler Entertainment
Di recente abbiamo visto The Shallows – Paradise Beach, un altro shark movie, a dire il vero non molto convincente, che ha molti punti in contatto con 47 metri. In entrambi i casi l’intenzione è quella di unire due elementi: gli squali e l’isolamento delle protagoniste. In 47 metri sono due, in The Shallows era una sola ma con un’idea alla base molto vicina.
47 metri riesce però a convincere maggiormente, grazie all’inserimento di un altro elemento: quasi tutto il lungometraggio si svolge sul fondale marino, sott’acqua e per una buona parte dentro a una gabbia.
Il buio dell’oceano e, appunto, la gabbia opprimente danno una sensazione di claustrofobia che in quanto a terrore, spaventa anche più della presenza degli squali.
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47 Metri – Photo: courtesy of Adler Entertainment
Non mancano però le note negative: tutta la parte introduttiva non è all’altezza, tra dialoghi piuttosto banali e personaggi non molto efficaci. Fortunatamente la situazione si risolleva appena comincia la disavventura delle due protagoniste. Nel segmento centrale la tensione è tenuta sempre viva, complice, come già detto, l’ambientazione claustrofobica. È vero che alcuni cliché non vengono evitati e da questo punto di vista 47 metri potrebbe sembrare debole, ma Johannes Roberts ha deciso di concentrarsi più sulla tensione che sulla storia, ottenendo discreti risultati.
Si tratta sicuramente di un film con dei limiti ma nonostante tutto riesce nel suo intento, molto più di altri progetti simili con budget più elevati, come il già citato The Shallows.

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