SCHEDA LIBRO

Titolo: Shakespeare e il cinema

Autore: Ilaria Floreano

Editore: Gremese

Pagine: 192

Prezzo: 19,50 euro

Quando con il treno giunto alla stazione di La Ciotat il cinematografo fa capolino nella vita degli spettatori, cambiando per sempre il loro modo di approcciarsi all’arte dell’audiovisivo e la loro prospettiva di visione, si trattava pur sempre di un’arte nuova che prese in prestito caratteristiche e storie da altri mondi suoi affini. Si avvicinò così alla letteratura, depredandone storie e intrecci, e al teatro non solo rubandone interpreti (molte star del primo cinema erano le famose vedette teatrali come la divina Sarah Bernhardt, o Eleonora Duse) ma tecniche di recitazione e idee sia per gli scenografi sia per gli sceneggiatori. Con il tempo, il cinema si impone sempre più nell’immaginario collettivo come reduplicazione in chiave diegetica della realtà circostante. Forte dell’immediatezza dello schermo, ed eliminata la distanza che intercorre tra lo spettatore e l’attore sul palco, il cinema diventa sempre testimone della vita – più o meno fantastica – che scorre su pellicola. Partendo da questi presupposti non deve sorprendere, dunque, se sono più di duemila (di cui quattrocento appartenenti all’epoca del muto) le opere che, più o meno direttamente, prendono spunto dalla produzione teatrale di un drammaturgo come William Shakespeare. Nata da una costola del teatro, proprio per questa sua essenza empatica e diretta, per raccontare di vizi e virtù insiti nell’uomo il cinema non poteva far altro che avvicinarsi alle opere dal Bardo rendendole per questo ancor più immortali. Da Shakespeare il cinema – e i suoi registi – non può scappare: troppo calzanti i quesiti pratici e i dettagli psicologici che Shakespeare offre all’universo che la settima arte ha e sta creando. Il cinema affonda a piene mani nella sua vasta produzione, rubacchiando e ispirandosi a classici come Romeo e Giulietta, Macbeth o Amleto nello stesso identico modo in cui questo autore, ancor prima di Quentin Tarantino, creò le proprie commedie o drammi rifacendosi a opere di altri letterati. E così se molti pensano che Otello sia tutto frutto della mente del Bardo, si stupirebbero nel sapere che in realtà Shakespeare nel suo dramma si rifà a una novella del ferrarese Marella Cinzio; e così è per Romeo e Giulietta, ispirato alle novelle di Luigi da Porto e Matteo Bandello.

Di questo rapporto intertestuale, metaletterario, di prestiti e sogni a occhi aperti sotto forma di immagini in movimento si occupa Ilaria Floreano in Shakespeare e il cinema, edito da Gremese Editore. Un’opera essenziale per ogni appassionato non solo di cinema o di letteratura, ma dello stesso drammaturgo di Stratford Upon-Avon. Una figura talmente mitica la sua tanto da scatenare da inizio Novecento una lunga diatriba che, protraendosi sino ai giorni nostri, intende scoprire la vera identità del Bardo inglese. Ed è sulla spinta di tali, interessanti, domande che si apre l’opera di Ilaria Floreano. Diviso in tre parti, Shakespeare e il cinema non poteva che iniziare infatti con il dibattito dei dibattiti: chi era veramente Shakespeare? Un semplice – e analfabeta – figlio di un guantaio usato come prestanome, o lo scrittore dalla mente geniale, costruttore di universi e personaggi immortali, che noi tutti conosciamo? Con attenzione ed estrema cura l’autrice ogni più curiosa teoria avanzata da ambe le parti (i cosiddetti “anti-stratfordiani e gli “stratfordiani”) tanto da insinuare il dubbio anche nei lettori più scettici e sicuri dell’identità del Bardo. Dopo questo breve ed interessante excursus sulla (pseudo)identità di Shakespeare, l’autrice conclude questa prima parte analizzando quei pochi film che hanno trattato la vita del Bardo: sono film che più che nelle vesti di canonici biopic indagano la vita di Shakespeare o avvalorando la tesi di chi lo vuole come semplice strumento per nascondere identità ben più scomode (Anonymous) oppure partendo da elementi storici che ispirano film d’amore e di puro intrattenimento (Shakespeare in love). In queste pellicole poco o niente è raccontato infatti dell’uomo Shakespeare. Di lui interessano, più in particolare, le storie e i personaggi che ha inventato.
L-r, Sam Reid, Xavier Samuel and Rhys Ifans star in Columbia Pictures’ “Anonymous.”
La seconda parte è il cuore pulsante di tutta l’opera, quella che scandaglia con attenzione e onestà il fulcro del legame tra il Bardo e il cinema. In essa vengono presi in esame sia gli adattamenti dei testi shakespeariani che quelli che pur non presentandosi come tali, rivelano un profondo legame con le opere del Bardo. Questa parte centrale non vuole però essere solo una disamina dei film tratti da pièce teatrali, o una mera carrellata di informazioni tecniche e critiche: quelle che occupano le pagine sono micro-recensioni che nello spazio di poche battute rivelano il giusto quadro d’insieme dell’intera opera trattata. Con il pretesto di analizzare i lungometraggi, Ilaria Floreano riesce a trasformare le sue pagine in macchina del tempo e l’inchiostro in benzina, trasportando il lettore all’interno di sale cinematografiche un po’ polverose sul cui schermo viene proiettato, come se fosse la prima volta, il film analizzato. Allo stesso tempo l’autrice compie una seconda magia perché questo viaggio spazio-temporale il lettore lo compie in possesso di quelle informazioni tali da poter paragonare con agilità e competenza il testo originario shakespeariano e la sua riduzione cinematografica. Seguendo un ordine prima tematico e poi cronologico, l’autrice offre ogni tipo di informazione capace di legare con armonia e acume il mondo di Shakespeare e quello cinematografico. Per farlo recupera film dimenticati, o dimenticabili, dissezionandoli con cura e dovizia di particolari, per poi analizzarli adoperando un linguaggio leggero, coinvolgente e mai frenato da tecnicismi o ostentata saccenteria. Altrettanto interessante la terza parte con cui l’autrice cerca di raggruppare titoli che a prima vista non vanterebbero alcun legame con l’universo creato dal Bardo, per poi rivelare, con acutezza e attenzione, influenze e condivisioni tematiche sorprendenti e inusuali. Quelle disaminate sono pellicole che omaggiano, più o meno esplicitamente, la produzione shakespeariana.

Shakespeare e il cinema

A lettura ultimata scaturisce in ogni brano la passione e il sincero amore per la materia trattata da parte della sua autrice. Ilaria Floreano si avvicina ai film da analizzare con passo leggero ed elegante, e un occhio accurato e scrutatore. La sua è una scrittura che coinvolge il lettore, condividendo con lui nozioni e curiosità, critiche sincere e – quando serve – non sempre positive nei confronti di certe pellicole. In Shakespeare e il cinema Floreano non ha paura di avvicinarsi a questi film, molti dei quali – duplicano quanto compiuto dalle opere teatrali da cui prendono le mosse – occupano una posizione di prestigio nella storia del cinema mondiale. Lo fa però con modestia e con grande rispetto e cura, la stessa che si riserva quando si tiene tra le mani una reliquia preziosa. Ogni inquadratura è scrutata con attenzione e non vi è fotogramma che non passi immune alla sua lente indagatrice. Un’analisi così attenta e compiuta con maestranza e competenza tanto da risultare capace di cogliere numerosi collegamenti ipertestuali, o riferimenti iconografici e pittorici più o meno nascosti dietro ogni messa in scena (dal “Cristo morto” di Mantegna in Otello di Orson Welles, all’Annunciazione di Leonardo Da Vinci nell’Amleto di Laurence Olivier, fino alle tele di Füssli nel Sogno di una notte di mezza estate di Max Reinhardt e agli interni degni di Vermeer nel Romeo e Giulietta di Renato Castellani).  Dopotutto come sottolinea la stessa Floreano, «a partire dagli anni Trenta le trasposizioni cinematografiche non si affidano più solo ai divi; il compito è demandato alla pittura e all’architettura, a tutto ciò che può contribuire a restituire uno “spirito dell’epoca”». Shakespeare e il cinema è un puzzle dove ogni tessera trova perfettamente e agilmente il proprio posto. Un quadro colmo di dettagli ben delineati e marcati, ammirabile sia nella sua totalità che in ogni singola parte.