Da Chaplin a Loach

SCHEDA LIBRO

Titolo: Da Chaplin a Loach – Scenari e prospettive della psicologia del lavoro attraverso il cinema.

Autore: Roberto Lasagna

Casa editrice: Mimesis

Pagine: 112

Prezzo: 10 euro

Io sono come un bullone. Ecco io sono una vite” dice con rigore Lulù Massa (uno straordinario e indimenticabile Gian Maria Volonté) nel film di Elio Petri La classe operaia va in paradiso. Un’affermazione che sa di sentenza e che sottolinea l’inglobamento dell’uomo-operaio all’interno del sistema-macchina. Ed è proprio sul rapporto tra l’ambito lavorativo, così spesso poco edificante, e la figura del lavoratore che verte il nuovo libro di Roberto Lasagna (saggista e critico cinematografico) Da Chaplin a Loach – scenari e prospettive della psicologia del lavoro attraverso il cinema, edito da Mimesis edizioni. Partendo dal taylorismo e dal fordismo, nel suo interessantissimo saggio Lasagna tenta di mostrare come è mutato il legame tra lavoro organizzato e addetti al lavoro e quanto il primo abbia influenzato la struttura psico-fisica del secondo avvalendosi di metodi scientifici e razionali. Uno studio interdisciplinare reso ancor più stimolante perché posto all’interno di un altro contesto: quello cinematografico. Un’analisi sociale quella compiuta nel corso di 103 pagine, alternando teorie di studiosi del settore, esemplificate con acume e semplicità dall’autore, ad analisi di pellicole cinematografiche sottratte dall’aspetto puramente filmico e focalizzate sull’esplorazione dell’argomento trattato.

Con agilità e competenza, l’autore passa tra l’esposizione di fatti storici ad analisi filmiche, fino a indagini psicologiche supportate da studi come quelli sullo stress ad opera di Yerkes e Dodson. Basandosi infatti sullo studio di Odin, Lasagna tiene a mente i metodi di produzione di senso della società in cui è stato prodotto un film, insieme alle tipologie culturali in esso riflesse. Dopotutto, non appena ha raggiunto il ruolo di specchio riflettente la nostra realtà, il cinema ha sempre più assunto il ruolo di strumento di denuncia e di agitazione del pensiero di massa. Ecco perché l’autore oltre a esporre con semplicità e cognizione di causa teorie avanzate da psicologi, socialisti e studiosi (e non sempre facilmente comprensibili ai non “addetti ai lavori”) sviluppa il proprio saggio avvalendosi di esempi cinematografici che, proprio per la loro natura audiovisiva, parlano direttamente allo spettatore colmando lacune espositive in cui il linguaggio scritto a volte può incappare. I film scelti da Lasagna in Da Chaplin a Loach non sono casuali: vengono trattate opere che hanno saputo fotografare meglio i rapporti tra l’uomo e la catena di montaggio (Tempi Moderni), il padrone e l’operaio (La classe operaia va in paradiso), il lavoratore e il sindacato (Norman Rae), lo stress (Mi piace lavorare) e la sicurezza sul lavoro (La fabbrica dei tedeschi, Paul, Mick e gli altri). Eppure il legame tra cinema e mondo del lavoro non era così consolidato all’inizio. Come argutamente sottolineato da Lasagna, è avvenuto nel tempo un ribaltamento di ideali da parte del cinema nei confronti dell’universo del lavoro. Nata come valvola di sfogo e di puro intrattenimento la macchina da presa del cinematografo non entrava in fabbrica, ma tutt’al più si posizionava fuori da essa (si pensi a L’uscita dalle fabbriche Lumière). Man mano che prende coscienza del suo potere inconscio di smuovere le masse il cinema, in maniera inversamente proporzionale, si avvicina sempre più al mondo della fabbrica e dei sistemi che la dominano. Un avvicinamento compiuto a passo di danza (Charlot) o di una fiumana di operai che, come un gregge di pecore, supera i cancelli della fabbrica dando vita a una nuova, ennesima e ripetitiva, giornata di lavoro (La classe operaia va in paradiso).

E tra i principali cantori della figura del proletariato e diseredato, Chaplin fu il cineasta che più di tutti seppe esporsi dalla parte dell’individuo schiacciato dalla forza del nuovo sistema produttivo; i tempi moderni sono quelli in cui, come ben sottolineato da Lasagna, l’automatizzazione si affaccia come futuribile ma è ancora da perfezionare. Ma gli anni passano, la tecnologia fa passi avanti e la condizione dell’operaio peggiora sempre più. Così se prima era la ripetitività a oltranza di un medesimo gesto a essere motivo di stress, oggi è la mancanza di certezze e stabilità lavorativa il vero sintomo di ansia da prestazione. Il “mobbing”, il “burnout”, la “sindrome ansioso-depressiva da persecuzione morale” si tramutano nell’alienazione del nuovo millennio, portando a una corrosione del carattere.
Breve excursus compiuto con sagacia e attenzione nell’analisi, puntuale e preciso e mai attratto dall’onda dei tecnicismi, Da Chaplin a Loach è una macchina ben oliata in cui ogni passaggio e perfettamente collegato all’altro. Il lettore, nella sua veste di addetto a questo inusuale macchinario letterario, è stimolato a portare a compimento la propria sete di conoscenza, sfogliando e divorando una pagina dopo l’altra alla stessa velocità con cui Lulù Massa produceva bulloni. Qui all’orizzonte non si scorge nessuna alienazione, ma soltanto beneficio e soddisfazione per una lettura interessante e perfettamente compiuta.