Reader Player One: C’era una volta il West di Roberto Donati

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C'era una volta il West

Titolo: C’era una volta il West di Sergio Leone

Autore: Roberto Donati

Casa editrice: Gremese

Pagine: 140

Prezzo: 16 euro

Era il 30 aprile del 1989. In quel giorno Sergio Leone, regista dal volto tondo, incorniciato da una barba ispida, che ha donato all’Italia il suo genere western, smetteva di essere reale per entrare nella leggenda. A trent’anni dalla sua morte tanto è stato scritto e tanto pubblicato. I suoi film, bistrattati dalla critica alla loro uscita, hanno avuto il tempo di essere rivisti, ristudiati e attentamente analizzati, e così essere finalmente annoverati tra i capolavori del cinema mondiale. Vi sono film che hanno superato i confini accademici e colpito l’anima dello spettatore. Figli di un’arte visiva, essi giocano con il nostro sguardo comunicando tanto al cuore quanto al cervello, mettendo così in contatto ragione e sentimento. Sono i film della nostra vita, quelli a cui la casa editrice Gremese ha dedicato una propria collana e nella quale ritroviamo, non a caso, proprio due titoli usciti dalla fucina creativa di Sergio Leone: uno è “C’era una volta in America” a cura di Ilaria Feole, l’altro “C’era una volta” il west di Roberto Donati.
Quello di Roberto Donati è un libro che trasuda di passione per la materia analizzata. Un sentimento sincero, nato – come raccontato dall’autore stesso nell’introduzione al libro – non certo come un colpo di fulmine. Aveva tredici anni Donati quando incrociò il proprio sguardo con quello di Armonica, Jill, Frank e Cheyenne su una cassetta registrata alla televisione. Tredici anni: abbastanza per vantare una buona cultura cinefila, ma troppo pochi per comprendere appieno la profondità nascosta dietro ogni inquadratura di un film come C’era una volta il West. Eppure quei silenzi dilatati, quei primi piani, si insidiano latenti nella mente di questo autore; si fanno largo silenti sotto l’epidermide risalendo dritti fino al cuore nell’attesa di essere rivisti e finalmente riscoperti. E così sarà. Un colpo di fulmine solamente rimandato di qualche anno che adesso può scoppiare in tutta la sua potenza e che ha portato Roberto Donati a scrivere un volume ricco di analisi dettagliate, ma mai didascaliche, corredate da immagini in ottima qualità e testimonianze preziose come quelle di Claudia Cardinale, Bernardo Bertolucci, Sergio Donati ed Ennio Morricone.
Dopo un’introduzione carica di sincero sentimento nato sull’onda del ricordo, sin dal prologo il testo cambia marcia, confinando le emozioni e la scrittura in prima persona nelle pagine iniziali del libro. Quella che seguirà è una visione attenta, acuta e obiettiva di C’era una volta il West. Lontano da quelle pedisseque (e fin troppo diffuse) analisi limitanti nel descrivere un film scena per scena, il testo di Donati parte da tematiche precise e brillantemente colte per elargire informazioni, critiche, spunti di riflessioni e collegamenti ipertestuali. Dopotutto, come ampiamente dimostrato in un’altra monografia dedicata questa volta a David Fincher (QUI la nostra recensione), l’autore vanta una vasta cultura cinematografica che non ha paura di mostrare (ma non ostentare) rivelando la fitta rete di citazioni e riferimenti iper e intra-testuali tra Sergio Leone, le sue opere e quelle di altri grandi del cinema, come John Ford e Akira Kurosawa.
Suddiviso in tre parti, Donati dedica la prima alla figura di Sergio Leone, i suoi inizi e al suo avvicinamento a quell’universo cinematografico che ha saputo far suo ribaltandone canoni e cifre stilistiche: il western. Nella seconda l’autore getta il lettore in questo viaggio narrativo alla scoperta dei punti salienti e i motivi che hanno reso un’opera come C’era una volta il West così unica e indimenticabile. Come attentamente riscontrato da Donati, il motivo principale si ritrova nel titolo stesso del film, in quel fiabesco “C’era una volta”. Leone si è da sempre distinto dagli altri suoi coetanei come un cantastorie di realtà divenute leggende. La sua è un’operazione di travisamento dei fatti storici in nome di un desiderio inconscio e atavico di epos e spettacolo. Uno spettacolo reso unico da un alito di morte che lo investe costantemente. Un sentore nefando originato sin dalle prime opere per quella mancanza di pietas umana ben presto sostituita da ghigni beffardi e divertito sarcasmo. I suoi personaggi sono fantasmi del presente nati in seno a un racconto cinematografico che vive nel passato. Non a caso a dare ritmo anche qui, come nei film precedenti e successivi, sono flashback e salti all’indietro attraverso cui spiegare o presentare i background personali degli attanti principali.
Film di ritorni, di presenze e assenze, non più di dei o eroi, ma di anti-eroi e di attese (soprattutto della morte, dato che davanti alla cinepresa di Leone nessuna uscita di scena si può compiere senza aver saldato il proprio debito) C’era una volta il west è un film da riguardare dieci, cento e mille volte. Un viaggio all’interno di un’opera complessa resa meno ostica da questo testo fondamentale per ogni appassionato del regista romano e forse per questo meno adatto per coloro che ancora non si sono approcciati al West che c’era, e che forse non c’è più, firmato Sergio Leone.