Dalla Cina con furore. A 50 anni dalla sua morte la leggenda di Bruce Lee non è tramontata. Anzi, è più viva che mai!

“Stammi bene a sentire in Cina ce ne sono a migliaia come me!”
Con quest’ultimo dialogo Bruce Lee si consegna alla leggenda, uscendo di scena in uno dei fermo-immagine entrati di diritto nella storia del cinema.

Bruce Lee – celebriamo il re del cinema d’arti marziali

A distanza di mezzo secolo si sente ancora l’eco della voce di Cesare Barbetti, perfettamente sposata all’estrema tensione e al carisma attoriale di Bruce Lee.

Dalla Cina con furore è il manifesto dell’affermazione di una popolazione, quella cinese immigrata, che negli anni ‘70 si identificava nel suo beniamino, come anche nel suo alter-ego Chen Zhen.

Quest’anno ricorre il 50° anniversario dalla scomparsa di Bruce Lee, avvenuta il 20 Luglio 1973. Ed è con Dalla Cina con furore che si vuole ricordare una delle figure più emblematiche del XX secolo. Perché Bruce Lee ha portato con sé un nuovo vento da Oriente, non solo nella concezione e nella diffusione di un’antica disciplina da combattimento, ma soprattutto nell’industria cinematografica.

Avviciniamoci dunque alla riscoperta di un film di culto, disponibile su Rai Play.

Di cosa parla Dalla Cina con furore?

Il film racconta la storia di Chen Zhen e della sua vendetta.

Nella Shanghai del 1910 il leggendario eroe cinese Huo Yuanjia, fondatore di un’importante scuola di kung-fu, muore in circostanze misteriose. La causa viene attribuita ad una polmonite. Ma a tutti i suoi amici ed allievi, in particolare uno, la spiegazione non convince. Il caro maestro è certamente stato avvelenato, ma da chi? Perché?

Dopo un incipit narrato da una voce fuori campo, incomincia la versione più popolare della storia. E cosa c’è di meglio nel vedere subito Bruce Lee entrare in scena in mezzo ad un cielo piovoso e plumbeo, vestito con un iconico completo bianco, e piangere disperato la morte del suo maestro, del suo sifu?

Bruce Lee – celebriamo il re del cinema d’arti marzialiTra le provocazioni della scuola rivale giapponese, avviate con l’agghiacciante cartello “Marionette dell’Asia” e culminate con atti di massacro nei confronti degli allievi di Huo Yuanjia, esploderà la furia incontrollata di Chen, che infliggerà più male che bene.

Un fenomeno di culto in Oriente, in Occidente e anche in Italia.

Era il 1972 quando questo film usciva nelle sale cinematografiche di Hong Kong, sfondando ulteriormente la barriera di incassi. Lo stesso Lee aveva superato il record appena un anno prima con il suo film d’esordio ad Hong Kong, prodotto sotto l’egida della Golden Harvest: The Big Boss, da noi noto con il titolo furbo Il furore della Cina colpisce ancora.

In Italia Dalla Cina con furore venne distribuito nel 1973, anno della morte di Lee. 50 anni: un anniversario importante. Il film è il manifesto della notorietà e del successo di Bruce Lee non solo in Oriente, ma anche in Occidente, poiché racchiude un cinema nazional popolare. Chen è l’eroe che, anche se disattende completamente i valori convenzionali dell’artista marziale, è colui con cui la gente riesce ad identificarsi.

La pellicola non sarà di certo la più riuscita a livello tecnico e artistico, eppure rimane uno dei punti imprescindibili per capire la popolarità e la fama di un genere, altrimenti poco considerato dalla critica internazionale.

Il motivo del suo status di culto risiede nella personalità accentratrice e invero narcisistica del protagonista. Bruce Lee ha determinato il risultato vincente di Dalla Cina con furore.

Le sue movenze e la sua grande abilità nel trasporre, davanti alla macchina presa, la bellezza e l’attrattiva del gesto marziale, hanno ammaliato le platee delle sale. Un successo che è culminato in una vera e propria passione per questo tipo di pellicole, che ha dunque conquistato anche in Occidente, e anche in Italia, una sua fetta di pubblico.

Bruce Lee: il carisma di un maestro del cinema delle arti marziali.

La bellezza di Dalla Cina con furore risiede nella presenza scenica di Bruce Lee. Grazie a lui il film si riabilita. Lui stesso giganteggia in una pellicola ruvida nella sua confezione, ma forte nel soggetto.

Ma c’è Bruce Lee. È inutile negarlo o girarci attorno: senza di lui di cosa parleremo? E ancora: senza di lui avremmo potuto godere della distribuzione di altri capolavori wuxiapian e gongfupian di celebri autori?

Il combattimento marziale diventa espressione della personalità del combattente. Attraverso l’azione si manifesta la caratterizzazione dell’eroe. Non c’è scena più azzeccata e più celebre di quella del primo combattimento alla scuola giapponese: Chen, alias Bruce Lee, accerchiato dai suoi rivali, che si prepara allo scontro. L’agire è più importante del verbo nei film di arti marziali.

Bruce Lee – celebriamo il re del cinema d’arti marziali

Niente spade o pistole: il divo, oltre a menare le mani ed esibire favolosi calci rotanti, fa giostrare aggraziatamente un’altra arma. Per noi Bruce Lee e il nunchaku sono una cosa sola. Esso rappresenta un’estensione perfetta del suo braccio. In mano a lui lo strumento assume una fascinazione ipnotica: destreggiandosi abilmente con il nunchaku fa sgranare gli occhi non solo ai suoi avversari, ma anche agli spettatori.

Il connubio Chen Zhen-Bruce Lee

È la personificazione di ciò che rappresenta Chen all’interno della storia che ha lasciato una traccia indelebile nel pubblico e nell’industria cinematografica. Il protagonista, qui tratteggiato, rappresenta un ribaltamento interessante rispetto al prototipo di personaggio individualista di pellicole simili. La tensione del film converge nella violenza del protagonista, che tracima fino a diventare furia cieca, sciogliendosi nello spettacolare finale. La recitazione carica di pathos nella mimica facciale, nei gesti e nella voce dell’attore rende pienamente il tormento del personaggio, un uomo diviso tra la volontà di rivalsa personale, la frustrazione e il senso di colpa.

La non etica dell’eroe di Lee.

Chen non è un eroe. Non si comporta eticamente, secondo i valori di abnegazione e altruismo disinteressato, cui l’artista marziale dovrebbe essere devoto. È un essere umano e come tale si comporta, anche se ha delle doti e delle abilità che lo rendono al di fuori del comune. Le sue azioni hanno delle ripercussioni e ne è perfettamente cosciente, ma al di là di ciò non si ferma.

Quando arriva, Chen è fin da subito caratterizzato come un outsider. Stigmatizzato come un simbolo di una nazione. Chen è però la negazione dell’eroe delle arti marziali. Egli agisce esclusivamente per se stesso, per perseguire i suoi fini di vendetta, alla ricerca di una verità introvabile. Sarà lui a  scatenare tutta la catena di violenza successiva, nonostante le provocazioni innestate dai rivali della scuola giapponese, che spadroneggiano su un territorio lasciato alla mercé di potenti senza scrupoli .

È dunque una personalità fortemente egoista, anche se all’apparenza agisce per un fine altamente nobile. Gli altri, che siano i suoi compagni o i cinesi vessati dai giapponesi non sono la sua priorità.

È limitante, dunque, risolvere Dalla Cina con furore con “i poveri cinesi vessati dai giapponesi cattivi”. Se si analizza la storia si vedrà che contiene in sé molto più. Emblematico di tutto ciò è il climax finale, che determina la fine di tutto: della catena di violenza e distruzione, della storia in sé, come anche del protagonista stesso.

Le scene clou di un cult senza tempo

Impossibile non citare la disperazione di Chen davanti alla bara funebre del suo maestro e la conseguente badilata che lo fa cadere svenuto.
E poi il combattimento contro i giapponesi, dopo appena un quarto d’ora di film, e a cui darà da mangiare carta e non vetro.
Senza dimenticare il calcio volante in slow motion al cartello “No dogs anche Chinese allowed”.

Non solo: il bacio tra il divo e Nora Miao; una caricatura alla Jerry Lewis di Bruce Lee nelle vesti di un simpatico operatore telefonico sotto copertura; la sovrumana forza di Chen nel sollevare il risciò su cui è adagiato un terrorizzato e immenso Wei Ping-ao; il duello finale con il campione russo Petrov.

Ma c’è anche l’altro duello finale con Riki Hashimoto, con salto spettacolare e pedata in faccia all’avversario. L’urlo muto di Chen. Uno sguardo pieno di furore che finalmente si “svuota” della sua carica distruttiva. Se non è cinema questo?

Bruce Lee dopo 50 anni

Bruce Lee è stato certamente una delle icone più importanti del secolo scorso. Il culto della sua leggenda è arrivato fino ad oggi. Non bisogna però dimenticare che egli stesso diceva: «Più sono vuote le teste, più sono lunghe le lingue».

Dunque, lasciamo da parte il fanatismo legato alla sua figura, ma cogliamo invece l’opportunità di riscoprire la bellezza, forse bizzarra o forse solo non ordinaria, di pellicole graziate dalla sua presenza.

Dalla Cina con furore ne è l’esempio più emblematico. D’altronde in Cina, come nel resto del mondo, non ce ne sono stati a migliaia come lui.