Nel deserto dell’Asia Centrale, otto ricercatori si lanciano all’esplorazione di un intricato labirinto di grotte. Una volta penetrati nel sottosuolo, però, due delle loro guide vengono misteriosamente uccise. Gli escursionisti decidono allora di tornare indietro, ma qualcuno o qualcosa ha bloccato l’ingresso delle grotte. L’unica possibilità è cercare un’altra uscita avventurandosi ancor più in profondità. Ma nelle viscere della Terra si nasconde qualcosa che nessun essere umano ha mai visto… Qualcosa di letale!
Si può fare un film decente copiando a piene mani da almeno altri tre lungometraggi?
La risposta sarebbe positiva se il regista, Olatunde Osunsanmi alla sua prima prova cinematografica, avesse inventiva e un poco d’intelligenza registica.
L’esperimento in questione è intitolato The Cavern mentre le tre pellicole a cui tenta d’ispirarsi sono rappresentate dal successo mondiale “The Blair Witch Project” dei registi Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez, “The Cave” di Bruce Hunt, ed il più riuscito, diventato poi cult con il passare degli anni, “The Descent” di Neil Marshall. Il regista tenta di confezionare un’opera a metà strada tra il genere horror più puro accompagnato da uno  stile documentaristico realista per perturbare e trasmettere straniamento.

the cavern film

Insomma un genere di lungometraggi che appartengono al cosiddetto filone ‘mockumentary’, molto in voga nel circuito horror  statunitense, nella cui realizzazione vengono utilizzate camere a mano e luci non artificiose; in questo caso solo quelle degli elmetti dei nostri baldi esploratori di caverne per infondere un senso d’angoscia e paura.
Purtroppo il gioco non riesce: sentire per la durata di metà film le urla degli sventurati su schermo nero, più che inquietudine e terrore, la situazione  trasmette una crescente irritazione nello spettatore a cui, nella speranza di vedere  questi ragazzetti fatti a pezzi il più velocemente possibile, non rimane che l’idea di poter impegnare il proprio tempo in modo più utile.
Sorretto da una sceneggiatura inesistente, non c’è una sola frase o battuta intelligente, magari anche ironica e degna di essere ricordata, il film langue e si trascina per 80 minuti scarsi in una noia completa. Per non parlare del finale esilarante e pazzesco inadeguato anche da essere accostato ad un B-movie.
Parafrasando la trama scritta sopra, l’unica cosa letale è la visione questo film.

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