RITORNO AL FUTURO

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“Ehi, tu, porco, levale le mani di dosso!” (George McFly)
Un cult per intere generazioni, una pellicola che, con la regia di Robert Zemeckis e la sceneggiatura di Bob Gale, prende vita da un’idea tanto semplice quanto vincente e pone le basi per una saga diventata poi una vera colonna portante del cinema. Il vero fulcro del film è il tempo, scandito dal ticchettio degli orologi a pendolo di ogni sorta appesi alle pareti di un singolare laboratorio e mostrati proprio nei primi fotogrammi della pellicola, orologi che appartengono all’estroverso Dr. Emmett Brown, detto “Doc” (Christopher Lloyd), che, con l’aiuto del suo più caro amico, il diciassettene Marty McFly (Michael J.Fox), realizza la celebre e iconica macchina del tempo, modificando una DeLorean DMC-12. “Quando quest’aggeggio toccherà le 88 miglia orarie, ne vedremo delle belle” afferma il simpaticissimo e svitato scienziato. La scena iniziale ci introduce in quello che sarà il cuore della trilogia: il desiderio che tutti abbiamo di scoprire i segreti dei viaggi temporali, conoscere il futuro e, al tempo stesso, cercare di cambiare gli eventi del passato.
"Back to the Future" (1985)
Il collaudo iniziale, condotto nel parcheggio del Twin Pines Mall, ha successo e il fedele cane Einstein (soprannominato amorevolmente Einie dallo stesso Doc) è il primo a sperimentare direttamente il viaggio nel tempo, con stupore ed emozione dei due protagonisti. Colpi di scena a ripetizione accompagneranno poi la visione del film, come già in questa prima parte, quando un commando terroristico della Libia atterra a fucilate Doc per il furto del plutonio, elemento indispensabile al funzionamento del “flusso canalizzatore”, dispositivo istallato da Doc sulla sua DeLorean. Sarà dunque il giovane Marty a prendere in mano la situazione, tornare indietro nel passato al 5 novembre 1955 e tentare l’impossibile per mutare gli eventi che hanno portato a quel triste evento, così da cambiare la storia della sua vita e di quella del suo amico Doc. I pasticci temporali collezionati dallo scaltro ragazzino fanno presagire quanto, alla fine del film, il bello debba ancora arrivare e che i viaggi nel tempo siano appena cominciati.
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Non è un caso che il regista abbia scelto il 1955 come anno di destinazione; questo è infatti il periodo che marca l’ascesa di alcuni tra gli elementi culturali più importanti per la dimensione dei teenagers. Un esempio su tutti: la nascita del rock and roll. Quindi, non si tratta solo di funzionalità narrativa, ma di portare sulla scena i cambiamenti culturali e sociali che, a partire dagli anni ’50, avrebbero poi segnato le generazioni a venire. Reduce dal successo di All’Inseguimento della Pietra Verde, nel 1984 Zemeckis propose la sceneggiatura di Ritorno al Futuro al produttore Steven Spielberg, con il quale aveva già lavorato ai tre film precedenti; quest’ultimo apprezzò in particolar modo il tema del conflitto generazionale sviluppato in miracoloso equilibrio tra commedia, avventura e fantascienza. La pellicola è divenuta poi una pietra miliare della storia del cinema, grazie anche a quell’atmosfera anni ’80 che la rende ancora più magica. Sarebbe troppo riduttivo considerare le avventure di Marty e Doc come una semplice opera di genere fantasy, tale è il valore assunto agli occhi del pubblico. Troviamo un Michael J.Fox all’apice della sua carriera che, unito alla fantastica interpretazione di Christopher Lloyd, accompagna lo spettatore in una coinvolgente avventura temporale e, attraverso l’intrattenimento più genuino e intramontabile, lo ammonisce su come ogni singola azione possa influire significativamente sul suo futuro.
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Marty e Doc formano una delle coppie più spassose e improbabili mai viste sul grande schermo, tanto da indurre il pubblico a chiedersi in quali strane circostanze abbiano stretto amicizia. Il legame che li unisce è uno dei motori emotivi del film (con Marty che tenta disperatamente di mettere in guardia lo scienziato circa la tragedia che lo colpirà) e l’irresistibile duo è talmente variegato da inscenare una serie di dialoghi comici da epica antologia. Doc è il mentore con il compito di spiegare in modo semplice e immediato le dinamiche fantatecnologiche alla base del flusso di straordinari eventi, una sorta di guardiano che vuole proteggere le alterazioni del tempo causate della sua stessa invenzione. Infatti, l’elemento rappresentativo per eccellenza dell’intera trilogia di Ritorno al Futuro è senza dubbio il singolare e accattivante modello di macchina del tempo che, in origine, era stata immaginata come un frigorifero modificato. Tuttavia, temendo che qualche bambino tentasse di chiudersi all’interno di un freezer spinto dallo spirito d’emulazione, Spielberg e Zemeckis optarono per una più pratica ed elegante DeLorean.
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Zemeckis è considerato tuttora uno dei filmmaker contemporanei di maggior talento e intuito che, con sguardo sempre rivolto alle future evoluzioni della settima arte (in campo espressivo e tecnologico), ha indubbiamente segnato il cinema americano degli anni ’80. Diversi suoi lavori, infatti, presentano denominatori comuni: il tempo, il cambiamento, il movimento. Questi tre fattori sono spesso interconnessi tra loro, dando vita a sviluppi narrativi interessanti e imprevedibili. I memorabili dialoghi di questo primo capitolo della trilogia vengono ancora citati da coloro che, all’epoca, impazzirono letteralmente per il film. Il tutto viene impreziosito ulteriormente dalla strepitosa colonna sonora di Alan Silvestri (accompagnata dal singolo di Huey Lewis and the News dal titolo The Power of Love) e da personaggi indimenticabili (villain compresi) che hanno lasciato un segno indelebile nel cuore del pubblico e che fanno scorrere fin troppo velocemente le quasi due ore di pellicola, mantenendo in vigore il nostro desiderio di rivedere questo capolavoro più e più volte.
Moreno Sgariglia
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