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Christian Bale è Dick Cheney in Vice – L’uomo nell’ombra
Vice – L’Uomo Nell’Ombra lo si potrebbe mostrare nelle scuole.
La vicenda di Dick Cheney, narrata con maestria e sagacia da Adam McKay (già premio Oscar per La Grande Scommessa), è uno dei grandi racconti/non racconti dei nostri tempi.
Quello di un uomo che “assunse un potere che pochi altri uomini ebbero mai”, ma lo fece con discrezione, senza apparire, quasi senza che il suo nome fosse sulla bocca di nessuno.
Politico e imprenditore, Cheney è stato il maestro burattinaio degli anni di George W. Bush alla Casa Bianca. Ogni decisione economica, di politica estera e di gestione burocratica passava dal suo ufficio.
McKay non fa prigionieri: la sua satira è spietata e pungente, fa ridere ma crea malessere e lascia un grande senso di disagio.
L’ascesa, la caduta e la seconda ascesa del suo Dick Cheney, magistralmente interpretato da un Christian Bale in stato di grazia, sono raccontate con una crudezza quasi documentaristica.
Ma chi è Dick Cheney?
Dick Cheney e Christian Bale

DICK & LYNN

Vice non perde tempo: fin da subito introduce il suo protagonista come un freddo calcolatore senza scrupoli. La vicenda prende il via in quel giorno di settembre in cui il mondo vide crollare le Torri Gemelle.
Se tutti osservano sbigottiti quelle immagini senza precedenti, Cheney è immobile, impassibile. Ha già calcolato cosa fare. E, ovviamente, lo ha fatto secondo i propri interessi.
Attraverso alcuni salti temporali ben gestiti (e simbolici intermezzi del Vicepresidente a pesca), il regista ci porta alla scoperta dell’uomo dietro le quinte, che ha fatto della discrezione la sua arma politica d’elezione.
Alle origini, McKay pone una promessa fatta alla moglie Lynne (Amy Adams) in giovane età, dopo un periodo sbandato di sbronze, risse e fallimenti. Da lì, Cheney trova la sua strada nella politica e, soprattutto, nel business privato.
Sarà questa la grande ombra che, quasi mai esplicitamente mostrata, guiderà invece tutte le scelte del personaggio.
Le azioni che seguiranno, siano esse di natura professionale o personale, vedranno sempre i due coniugi schierati unilateralmente, in un assordante silenzio assenso che nel finale prende forme mostruose.
L’inserimento di un brillante e surreale intermezzo “shakespeariano” è il perfetto modo di mostrare esplicitamente questo rapporto.

CHI È DAVVERO NELL’OMBRA?

La parte più succosa, ovviamente, è quella che riguarda il doppio mandato di Bush, di cui Cheney è fautore, burattinaio, artefice.
McKay anche in questo caso non si perde in sottigliezze inutili: affida a uno strepitoso Sam Rockwell l’incarico di dare mente e corpo a un George W. Bush a metà fra il bonario e il caricaturale. Ne esce un perfetto simulacro di tutti i dubbi che hanno sempre circondato la sua figura. È un Presidente incerto senza rendersene conto, non troppo sveglio, trascinato all’amo da uomini che decidono per lui. Il perfetto “uomo immagine” per chi, come Cheney, badava ai suoi interessi dietro le quinte, indisturbato.
La guerra in Iraq, una delle bestie nere dell’amministrazione Bush, viene qui dissezionata con cura: il piede tremante del Presidente all’annuncio degli attacchi su Baghdad, venduti come una pura esportazione di libertà, fa il paio con quello del padre terrorizzato dalle esplosioni che cerca di proteggere la famiglia. Una straordinaria immagine di cinema che vale intere sequenze.
Amy Adams e Christian Bale in Vice – L’Uomo Nell’Ombra
Certo, sappiamo com’è andata la storia. Ma Adam McKay concede a Bale un ultimo, sfolgorante momento di protagonismo, in cui il suo Cheney esce finalmente allo scoperto.
Lì vediamo davvero l’uomo che ha forgiato l’opinione pubblica americana (e mondiale) per piegarla al “vero potere della presidenza americana”. L’uomo nell’ombra che ha dato in pasto al popolo quello che voleva sentirsi dire e ha dato, con l’uso di una macchina mediatica ben collaudata, il via definitivo al populismo dilagante che non dà più peso alle parole, pur vivendo solo di esse.
Vediamo come per alcuni sia semplice, in nome degli interessi personali, piegare un’intera nazione e un’intera società al proprio volere. Averle prone e pronte ad accettare menzogne, violazioni dei diritti umani e un intero menù – letteralmente – di leggi illiberali, senza che queste nemmeno se ne accorgano.

VICE, COME VIZIO

No, McKay non fa prigionieri: il suo Cheney è uno dei grandi villain del cinema moderno.
Viene privato di qualsiasi senso di empatia fin dalla sua prima apparizione e così continua, più Mola Ram, il sacerdote che strappava cuori in Indiana Jones E Il Tempio Maledetto, che Darth Vader.
Non c’è redenzione, non c’è pentimento, non c’è il minimo tentennamento, fino alla decisione nel finale che fa il paio, amaramente, con quell’idilliaca presentazione della famiglia Cheney a metà film.
Vice è satira spietata, che spara ad alzo zero e distrugge tutti i bersagli.
Lo fa con un cast strepitoso capitanato da Christian Bale in una delle performance più sentite della sua eccezionale carriera.
Lo fa con un reparto tecnico, a partire dal make up che raggiunge la perfezione al montaggio che non sbaglia un colpo, di tutto rispetto.
Lo fa, soprattutto, con l’acume e la penna spietata di McKay: le armi più potenti, da sempre, per combattere i Vice di turno.