Venezia 72: THE DANISH GIRL di Tom Hooper, la recensione

4
1164

the_danish_girl

“Non importa quello che indosso perché i sogni che faccio, sono i sogni di Lili.”
Il dramma portato sul grande schermo dal premio Oscar Tom Hooper, adattamento dell’omonimo libro, racconta la storia toccante e commovente di Lili Elbe, la prima persona al mondo a sottoporsi ad un intervento per cambiare il proprio sesso.
Nato in un corpo maschile, Einar Wegener (Eddie Redmayne), vive in un paesino danese insieme alla moglie Gerda (Alicia Vikander) ed è un affermato pittore. La dolce consorte, che condivide il suo stesso interesse e talento per la pittura decide un giorno di usare il marito come “modella” per i suoi ritratti, creando il personaggio di Lili.
Einar comincia così a prendere coscienza che dentro di lui, nascosta nel più profondo del suo animo, Lili è sempre esistita e il “gioco” intrapreso insieme alla compagna è più reale e vero di quanto sia mai stata la sua vita; parte da qui una transizione, un viaggio interiore alla scoperta di un lato diverso e di un’identità smarrita in un corpo che non appartiene per nulla alla sua persona.

thedanish1

Il regista non crea solo un racconto per immagini, “dipinge” scene come se fossero dei quadri e con una sublime delicatezza, una gestualità lenta, posata e soave fa dell’eleganza e dei dettagli il punto forte della pellicola. Tom Hooper, infatti, è capace di raccontare attraverso gesti e respiri quotidiani, come le dita che scorrono, indugiando impaurite, lungo l’orlo del vestito o che accarezzano, timide e impacciate, un corpo “estraneo” che tiene prigioniero; inevitabile è la scarica emotiva che arriva quando meno te l’aspetti e ti lascia con quel senso di malinconia e vuoto misto a tristezza e commozione.
Merito del successo sono soprattutto i due attori protagonisti; Redmayne è talmente delicato e femminile da risultare quasi fragile, come se si potesse rompere in mille pezzi con un semplice soffio di vento. Il suo corpo viene plasmato, ancora una volta dopo la trasformazione nello scienziato Stephen Hawking che gli è valsa l’ambita statuetta dell’Academy, per dare forma al personaggio transgender di Lili. E nell’aria sembra fiutarsi almeno una seconda nomination. L’interprete femminile Alicia Vikander è magnetica e porta in scena una donna coraggiosa, talmente devota e innamorata da sostenere il marito durante la transizione per poi vederlo lentamente scomparire e morire sotto i suoi occhi. Einar non c’è più, Lili lo ha ucciso per riuscire finalmente a vivere. Una performance straordinaria.

the-danish-girl

Il film non è solo la testimonianza della lotta per trovare l’identità di genere, ma è, soprattutto, un racconto sull’amore e sulle sue varie declinazioni: quello di Gerda per il compagno di un vita, amico e amante, quello di Hans che lega l’amicizia incrollabile che supera il passare degli anni e soprattutto l’amore di Lili per se stessa che da il coraggio di rivendicare la propria identità e il diritto di vivere una vita degna.
E per quanto la storia sia, storicamente, lontana nel tempo, la questione è molto attuale: la scoperta di un’identità che non corrisponde all’aspetto fisico, lo sguardo di un estraneo allo specchio e la lotta contro una società che non comprende questo tormento sono forse oggi più che mai questioni calde e dibattute.
Non è solo un film, è un vero e proprio viaggio esperienziale che ci fa scoprire il lato dolce della timidezza, quello amaro del dolore e, purtroppo, la cieca ignoranza nei confronti del diverso.
Questo piccolo capolavoro ci lascia così, alla fine, con un grande insegnamento: l’amore, come l’arte, non ha genere ed è sempre degno di essere vissuto.