una vita spericolata recensione
Lorenzo Richelmy, Matilda De Angelis, Eugenio Franceschini in Una vita spericolata
Come la chitarra di Tom Morello che apre la prima, fantastica scena del film, Una Vita Spericolata è da guardare, assorbire e godere di corsa. Col fiatone e un andazzo sincopato.
Il sesto film di Marco Ponti (Santa Maradona) non si concede mai il tempo che forse dovrebbe, ma proprio per questo è terribilmente godibile.
Esagerato, con momenti surreali e altri semplicemente troppo poco credibili, però è sempre onesto con se stesso. Sempre un pochino più in là di dove dovrebbe essere.

IL FALLIMENTO COME STILE DI VITA

Rossi (Lorenzo Richelmy) e BB (Eugenio Franceschini) sono due trentenni di un paesino morente della Val di Susa che arrancano alla giornata tra disoccupazione e pignoramenti.
Quando Rossi, costretto a chiudere la sua officina, va in banca a chiedere un prestito innesca involontariamente quella che tutti pensano sia una rapina. Nel marasma, lui e BB si trovano in fuga con un misterioso borsone pieno di milioni e con Soledad (Matilda De Angelis), un’ex promessa del cinema che si finge loro ostaggio per avere un po’ di pubblicità, d’accordo col suo manager in disgrazia Leonardi (Antonio Gerardi).
I soldi però non sono della banca, ma di un gruppo criminale capitanato dalla Sig.ra Castiglioni (un’ottima Michela Cescon in versione “sadica controvoglia”). Ovviamente lei e i suoi pittoreschi scagnozzi iniziano a dar la caccia ai fuggitivi. L’incapace squadra di polizia capitanata dal corrotto Cap. Greppi (Massimiliano Gallo) non è da meno e si mette all’inseguimento attraverso l’Italia.
Tra sparatorie, inseguimenti, vasche piene di acido e una pletora di personaggi del tutto assurdi, i protagonisti cercano di scappare da… già, da cosa?
Il trio di fuggitivi di Una Vita Spericolata
Tutto, in Una Vita Spericolata, ruota intorno a un assunto: i protagonisti sono dei falliti. Sempre, qualsiasi cosa facciano è quella sbagliata. Sono inconcludenti, incapaci, sfigati. Forse per questo è così facile entrare subito in sintonia con le loro disavventure. Non hanno parole di conforto, ma sfottò bonari. Non cercano soluzioni permanenti, ma solo di sfuggire al caos che quotidianamente si abbatte sulle loro vite.
Ce lo ricordano in continuazione: le loro scelte sono sempre quelle che si rivelano errate.
Attraverso brevi e funzionali flashback ci vengono raccontati i leit-motiv delle vite dei fuggiaschi. Dagli schiaffi a ripetizione presi da Rossi da parte delle tante ex al futuro da pilota di rally mai realizzato di BB, dalle aspettative di carriera di Soledad, sognatrice disillusa e divenuta cinica, alle fantasie western di Leonardi. Tutto per farci entrare in quella spirale da cui i tre protagonisti vogliono assolutamente uscire senza sapere come.

SEMPRE OLTRE

Una Vita Spericolata ha il pregio di essere coerente. La sceneggiatura poteva essere un po’ più raffinata, ma la regia dinamica di Ponti, il montaggio e l’ottima alchimia fra i tre azzeccatissimi protagonisti compensano il tutto. Quello che ne esce alla fine è una commedia estremamente godibile, dinamica e molto divertente. Ottime scene d’azione, soprattutto gli inseguimenti, scandiscono il ritmo della storia.
Una Vita Spericolata ha l’enorme vantaggio di non prendersi troppo sul serio e di non perdersi in commenti sociali che, anche quando presenti, non interrompono mai l’azione. Il tono da commedia vivace prevale sempre.
Se sul finale certe situazioni sono un po’ troppo prevedibili o esageratamente comiche per il tono del film, queste possono considerarsi peccati veniali.
Fino all’ultimissima inquadratura, Una Vita Spericolata non rinuncia a essere una corsa a rotta di collo contro tutto e tutti, un intreccio di personaggi caricaturali ma realistici in situazioni al limite. Rinfrescante.