PASSENGERS, la recensione del film di Morten Tyldum

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Il poster italiano di Passengers
Passengers è il nuovo film di Morten Tyldum, regista norvegese del fortunato The Imitation Game con Benedict Cumberbatch.
La terra, in un futuro prossimo, è in preda alla sovra popolazione e all’inquinamento. La scoperta di un pianeta simile al nostro, situato a 90 anni luce, riapre le speranze dell’umanità. Prendono il via così una serie di viaggi interstellari finalizzati a colonizzare il nuovo ambiente e ad offrire un secondo inizio ai fortunati viaggiatori. Durante la rotta, senza una apparente ragione, Jim (Chris Pratt) viene svegliato anticipatamente. L’uomo, sconvolto, cerca in ogni modo di trovare una spiegazione e di tornare nel sonno criogenico per non invecchiare da solo nella nave. Disperato, Jim riceverà conforto da Aurora che entrerà nella sua vita…
Per comprendere appieno i difetti di Passengers dovremmo inoltrarci in una approfondita dissertazione riguardante la trama, i colpi di scena (o l’assenza di questi ultimi) e i cambiamenti operati alla prima stesura della sceneggiatura (non è nostra intenzione rovinare le sorprese agli spettatori per cui eviteremo di toccare l’argomento). Bisogna tenere presente, però, che la risoluzione dei (ben pochi a dire la verità) misteri messi sul piatto da Passengers fa crollare il castello di carte in un nulla di fatto. E questo è il problema principale. Non che ci siano gravi scivoloni nella direzione artistica ma, durante il film, viene creata un’aspettativa che non riesce mai ad avere una piena espressione.
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Passengers – Photo: Jaimie Trueblood
La fatica e la difficoltà del regista Morten Tyldum sembra essere legata al tenere alta la tensione per tutta la durata della pellicola. Il resto dell’apparato filmico funziona infatti alla perfezione. Passengers è una pellicola dal look affascinante, bellissima da vedere. Sono numerosi i richiami visivi ai classici del passato, da 2001 Odissea nello Spazio a Sunshine, e il design della nave spaziale, l’ambiente in cui si muovono i personaggi, sono resi con una cura degna della migliore fantascienza. Le prove attoriali sono oneste e dignitose, nonostante lo sforzo richiesto sia estremamente minore rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare da un lungometraggio i cui protagonisti sono impotenti e disperati. Passengers si tiene però ben lontano dai lidi in cui il materiale promozionale lasciava intendere di calcare. Non siamo di fronte ad un thriller sci-fi, ricco di azione e mistero ma, al contrario, in una storia d’amore affranta e solitaria.
La vera domanda che sostiene il film non è infatti: “come mai due passeggeri si sono svegliati a metà percorso? c’è un disegno dietro tutto questo?” bensì “cosa succede se un uomo e una donna sono costretti a vivere la propria vita isolati dal resto del mondo?”. Il messaggio che lo sceneggiatore Jon Spaihts vuole lanciare è coerente con lo sviluppo delle vicende ma, allo stesso tempo, appare indebolito da incertezze nella fase di montaggio, di regia, e da un tono inappropriato.
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Passengers
Passengers vuole essere un film sull’accettazione della propria vita, sull’incontro di un ostacolo limitante e il superamento di quest’ultimo tramite l’accettazione stessa. L’isolamento va addomesticato, la solitudine va metabolizzata e convertita in positivo. Eppure, sebbene lo spettatore comprenda queste idee e le riceva concretamente, in maniera sentita dalla sceneggiatura, il percorso psicologico dei personaggi non segue la medesima traiettoria. I protagonisti imparano e capiscono, senza avere stimoli plausibili al mutamento. Le reazioni e le relazioni sono forzate dall’esigenza di dire qualcosa invece che mostrarla.
Per questo motivo l’opera di Morten Tyldum non riesce ad oltrepassare la sottile linea tra un piacevole blockbuster e una vicenda indimenticabile.
Consigliato a: gli amanti della fantascienza che vogliono portare al cinema chi invece non ama il genere. C’è più romanticismo che spazio profondo.
Gabriele Lingiardi

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