Venezia73: MONTE, la recensione del film di Amir Naderi

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Monte - Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
Monte - Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
Monte - Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
Monte – Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
Monte è l’ultima fatica di Amir Naderi, presentata fuori concorso alla 73. Mostra del Cinema di Venezia. È il primo film in lingua italiana del regista iraniano, forse poco conosciuto nel nostro paese al di fuori del contesto dei festival. Profondo narratore dallo stile essenziale e dalla poetica acuta, Naderi è senza dubbio uno dei cineasti fondamentali del panorama persiano, insieme ai connazionali Abbas Kiarostami, Jafar Panahi e Mohsen Makhmalbaf, nonché esponente attivo di un cinema autoriale e indipendente e portavoce di un missiva da consegnare al grande pubblico. Cinque anni dopo l’ossessivo The Cut, l’autore torna dietro la macchina da presa per raccontare una parabola ascetica eretta da immagini chiaroscurali, un saggio filosofico sul rapporto tra un uomo e fede e, allo stesso tempo, tra ragione e conoscenza. Agostino (Andrea Sartoretti) vive con la moglie Nina (Claudia Potenza) e il figlio Giovanni (Zaccaria Zanghellini) ai piedi di una montagna, talmente alta da non permettere alla luce del sole di filtrare tra le rocce. Gli affaticati contadini passano il loro tempo nell’ombra, cercando di fare fruttare una terra denutrita e malata, ma la valle si è già inghiottita quasi tutta la famiglia che, inoltre, viene ritenuta vittima di una maledizione in paese. La scomparsa dell’ultima figlia, a causa di una malattia provocata dal clima ostile della zona, e la perdita dell’ultima ricchezza posseduta, spinge il padre ad iniziare una vera e propria guerra con ciò che lui ritiene essere il frutto della volontà di Dio: la montagna.
Elevato da rimandi alla pittura divisionista di Giovanni Segantini e alla produzione cristologica dell’incommensurabile Caravaggio, l’opera mostra il movimento ipnotico, la disperazione e l’ostinazione dell’uomo nel tentare di sconfiggere un nemico insormontabile. Monte è una pellicola meravigliosa, intensa e carica di suggestioni anche se non troppo immediata e di facile fruizione. È un’esperienza cinematografica, un viaggio nei meandri della mente alla ricerca di un spunto di riflessione dal quale partire per interrogarsi direttamente su ciò che viene mostrato.
Monte - Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
Monte – Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
Naderi si muove il più lontano possibile dall’intrattenimento, fugge da una narrazione che non sia esclusivamente visiva e attinge a piene mani dalla lezione del cinema muto. I dialoghi sono minimali, la comunicazione verbale lascia spazio al linguaggio espressivo e porta lo spettatore a vivere la perdita di senso, l’impotenza e la reiterazione della vita del protagonista. Dominato da un ritmo dilatato, Monte appare in alcuni momenti un esercizio prolisso di difficile comprensione ma, al contempo, risulta un’imponente prova di un artista che riesce a parlare a ciascuno di noi. Gli ostacoli che l’esistenza ci pone davanti sono la nostra montagna, una barriera da abbattere per raggiungere un sole misterioso, dal carattere indefinito, forse salvatore o forse carnefice. Una testimonianza limpida e spontanea sulla forza di cambiare, la risolutezza e la determinazione a non abbandonare la propria casa, uniti al dogma e alle sue distorsioni. Monte è un film completo, da osservare con coraggio e intelligenza, trascendendo la forma per estrarre il significato più intimo contenuto in ogni inquadratura. Allegorico.
Gabriele Lingiardi & Andrea Rurali

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