La vita in un attimo, la recensione del film di Dan Fogelman

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La vita in un attimo
La vita in un attimo
Oscar Isaac e Olivia Wilde in La vita in un attimo
Dan Fogelman, creatore della serie tv This Is Us, porta al cinema una nuova storia commuovente e profondamente umana: La vita in un attimo. La sua ultima fatica parla di amore, tragedie, di persone.
Raccontare la trama, che procede in modo non convenzionale, è complicato se non si vuole svelare molto. Il regista sceglie di narrare le vicende di intere generazioni di persone, nell’arco di alcuni decenni, quasi non connotati nello spazio-tempo, ma resi, a prescindere, profondamente reali.
Ambientata tra New York e un paesino vicino a Siviglia, la pellicola vanta un cast corale fatto di grandi attori, che danno forma con i loro corpi e i loro occhi alle vite di personaggi. Personaggi che all’apparenza, anche geografica, risultano distanti l’uno dall’altro, ma che in realtà condividono un destino comune.
La vita in un attimo
Olivia Wilde e Oscar Isaac in una scena del film
Protagonista della vicenda è una giovane coppia formata da Will (Oscar Isaac) e Abby (Olivia Wilde), che seguiamo dal loro incontro al college, al matrimonio e all’attesa del primo figlio, fino al drammatico destino della loro storia d’amore. Ma è proprio dal loro racconto che la trama si dipana connettendosi con quella dell’anziano Irwin (Mandy Patinkin), con la tormentata ventenne Dylan (Olivia Cooke), ma anche con il signor Saccione (Antonio Banderas), ricco proprietario terriero spagnolo e con la famiglia del suo dipendente Javier, che gestisce la sua piantagione di olive, e, infine con il giovane Rodrigo, figlio di Javier e Isabel.
La vita in un attimo
Il giovane Rodrigo (Àlex Monner) e il signor Saccione (Banderas) in una scena a Siviglia
La vita in un attimo si prefigge un arduo compito: raccontare visivamente le emozioni quotidiane  attraverso il narratore cinematografico.
Il narratore è infatti uno dei centri focali di tutta la pellicola. Il narratore inaffidabile, per l’esattezza, che, come affermato per la prima volta da Wayne C. Booth nel suo saggio The Rethoric of Fiction, è quel particolare soggetto che altera i fatti in base alla propria prospettiva. In questo modo il lettore tende a mettere in dubbio la sua credibilità nella vicenda. Il film prende spunto da questa idea per raccontare la storia, giocando con lo spettatore/lettore, attraverso la suddivisione in capitoli proprio come un libro. Questa tecnica diventa magnetica ed estraniante sin da subito, quando il primo narratore, con un cammeo, diventa il voice over di Samuel L. Jackson, per poi tramutarsi lungo la narrazione, fino ad arrivare all’ultimo narratore che chiarisce o ribalta quanto pensato, senza però farlo passare per un bugiardo e quindi inaffidabile.
Un altro aspetto fondamentale di La vita in un attimo, che permane costantemente come una nota in sottofondo, è la colonna sonora e, in particolare, la canzone di Bob Dylan Time Out of Mind, che ricorda il tema dell’amore e della perdita.
La vita in un attimo
Olivia Cooke nel ruolo della giovane e tormentata Dylan
Dan Fogelman riesce, ancora una volta, in un’impresa non semplice, creando un connubio di situazioni divertenti, commuoventi e, al tempo stesso, tragiche. Il regista esplora la vita umana, in un processo già iniziato in precedenza con Crazy, Stupid, Love, ma soprattutto con This Is Us. I suoi personaggi sono profondamente umani e sfaccettati, veri (non a caso La vita in un attimo è semi autobiografico) e fanno venir voglia di essere essere seguiti e esplorati. Come uno studioso costantemente alla ricerca della verità e della conoscenza, Fogelman sperimenta con stili narrativi e cinematografici creando un connubio im-perfetto come solo la vita in se stessa può essere.