LA TORRE NERA, ovvero: non è come pensavamo

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la torre nera recensione
Idris Elba e Matthew McConaughey in un'immagine del dark fantasy La Torre Nera
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Idris Elba e Matthew McConaughey in un’immagine del dark fantasy La Torre Nera
Il primo shock arriva dopo il prologo de La Torre Nera. Qualcuno l’aveva già capito dal trailer. Altri, come il sottoscritto, hanno scoperto solo in sala che la trasposizione cinematografica dell’opera omnia di Stephen King non è altro che un film per ragazzi. 
Non ritengo che un target basso di età sia per forza un male, anzi il cinema classico ha insegnato che si può terrorizzare solamente suggerendo l’orrore (all’epoca era per eludere la censura, oggi per assecondarla). Eppure è inevitabile chiedere al film quei 20-25 minuti necessari per prendere le misure rispetto al tono non proprio conforme a ciò a cui ci ha abituati King.
Il punto di vista scelto dal regista Nikolaj Arcel è quello di Jake Chambers (Tom Taylor), un giovane ragazzo che possiede “Il Tocco”. La sua dote è infatti quella di vedere cose e creature che esistono in mondi paralleli al nostro. Al centro di tutto c’è la Torre Nera, fulcro dell’universo e scuro protettore dalle forze del male. L’Uomo in Nero, interpretato da Matthew McConaughey, inseguirà il ragazzo in quanto la sua mente, se usata come arma, può fare crollare la torre e aprire le porte dell’universo all’oscurità.
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Idris Elba e Tom Taylor in una foto tratta dal film La Torre Nera
La Torre Nera, se vista sotto quest’ottica, ha il pregio di essere un prodotto fantasy in grado di creare una buona mitologia. Come la penna di King anche il film utilizza l’epos, vicino al concetto di “racconto attorno al fuoco”, per toccare i problemi della vita quotidiana.
Il lungometraggio prende spunto, come detto dallo stesso autore, dal racconto di frontiera (numerosi i richiami western nel libro, meno nel film) e dal fantasy tolkeniano contaminato con elementi horror. Come queste fonti di ispirazione, anche le avventure del pistolero trasformano il dramma privato in universale e pubblico. L’oscurità della vita di Jake è anche un’oscurità imminente sul mondo. La ricerca del pistolero è una ricerca simbolica della propria origine. La scoperta dei pericoli del mondo parallelo sono figura dei turbamenti dell’adolescenza. Niente di innovativo ma è importante la presenza di questi elementi. Sono infatti i capisaldi su cui si fonda questo tipo di racconto.
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Idris Elba è il pistolero Roland Deschain nel film La Torre Nera
La Torre Nera è però più vicino alle Cronache di Narnia che al mondo post Il Signore degli anelli (mi si perdoni l’ingiusto e indelicato paragone, serve per intenderci). La trasposizione sembra infatti appartenere ad un cinema anni ’90. Per esempio, ritorna qui lo stereotipo del bambino non creduto dai genitori (speravamo di essercelo tolti di torno). Il modo in cui gli adulti osservano l’infanzia, come mostruosi demoni con la voglia di imprigionare la fantasia, sembrano venire dai film di Joe Dante, senza però averne lo stile né il tempismo.
La Torre Nera è quindi un film che parte fuori tempo, in ritardo sull’epoca storica, senza alcuna forza propulsiva alle spalle. La produzione non ha creduto troppo in questo progetto, e si vede. Molte persone ci hanno messo mano, e si vede. Il gioco dello Stephen King universe è divertente: La torre nera abbraccia la mitologia dello scrittore e la cita più volte (si vede l’Overlook Hotel, in un easter egg leggiamo “Pennywise” e ritorna più volte il numero 1408 per dirne qualcuna…). Se solo il proposito di creare un universo coerente fosse portato avanti con più coraggio e più sorprese, il film ne avrebbe giovato.
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Matthew McConaughey è l’Uomo in Nero nel film La Torre Nera
Il più grande difetto, che risulta incomprensibile allo spettatore, è infatti quello di avere trattato l’opera come una property già affermata, quindi senza uscire dai canoni della struttura in tre atti, senza proporre colpi di scena, stravolgimenti improvvisi o elementi spiazzanti ma, allo stesso tempo, tradendo la fonte più che mai.
La torre nera non è un brutto film, scorre con piacere, ha la decenza di non durare più del tempo di sopportazione della vescica umana – per citare Alfred Hitchcock – e di trovare un tono insolito, forse inquietante per il pubblico a cui si rivolge. Eppure, a causa di scelte produttive e di marketing, sembra destinato a non piacere a nessuno. Né agli amanti del libro (ero in sala con cultori di King che si strappavano i capelli) né a chi cerca il film promesso dal trailer.

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