LA RAGAZZA SENZA NOME, la recensione del nuovo film dei fratelli Dardenne

0
1672
La Ragazza senza Nome - Photo: courtesy of BiM Distribuzione
La Ragazza senza Nome - Photo: courtesy of BiM Distribuzione
Il poster italiano del film La Ragazza senza Nome
Il poster italiano del film La Ragazza senza Nome
Un personaggio può essere interessante soprattutto in due modi. Può possedere qualità eccezionali, particolarità che lo rendono unico e inimitabile o, al contrario, essere estremamente normale, plausibile e riconoscibile alle persone che ci camminano accanto. I fratelli Dardenne strutturano nei loro film questo secondo tipo di soggetti, così comuni da rendere i loro nomi un orpello dimenticabile. Così, ne La ragazza senza nome, Jenni, interpretata da un’incredibile Adèle Haenel, resta catalogata nella mente di chi guarda solamente come “la dottoressa”. È una pellicola spersonalizzata, quella dei Dardenne, in cui l’identità viene però cercata con una forza sovrumana. Lo spunto di partenza è il senso di colpa di Jenni: una notte, in ambulatorio, fuori dall’orario delle visite, ha suonato una donna alla sua porta, senza però ricevere risposta. Il giorno dopo, una volta tornata in studio, la dottoressa apprenderà una terribile notizia: una giovane donna africana è morta nei paraggi e le cause del decesso sono sconosciute, così come le generalità della vittima. Le videocamere di sicurezza dell’ambulatorio mostrano che, la donna che aveva chiesto aiuto la sera precedente, era la vittima del terribile omicidio, in fuga da una minaccia invisibile. Jenni, distrutta dal rimorso, decide di intraprendere una ricerca per scoprire chi è veramente quella ragazza.
L’opera dei Dardenne è un film di denuncia privo di qualsiasi moralismo. Con l’asciuttezza e l’essenzialità, tipica del loro stile, i due mostrano un mondo realistico, simbolo di movimenti politici e sociali ben più complessi. Non è difficile intravedere nelle azioni della dottoressa, nel lavarsi le mani di fronte ad un bisogno dopo avere assolto il proprio compito, uno specchio dell’Europa di oggi. Lo straniero ignoto, che bussa alla porta, è più che mai vicino ai numerosi caduti delle guerre (rappresentate nel film da un inseguitore, per gran parte non visibile) in fuga verso la “casa altrui”.
La Ragazza senza Nome - Photo: courtesy of BiM Distribuzione
La Ragazza senza Nome – Photo: courtesy of BiM Distribuzione
La ragazza senza nome è, senza ombra di dubbio, il film da vedere questo mese. La potenza del dramma di Jenni è veicolata da una messa in scena attenta soprattutto ai momenti non narrativi, affascinata dai gesti quotidiani, come auscultare con lo stetoscopio il respiro di un paziente o prepararsi da mangiare, in una devastante solitudine. I protagonisti sono infatti antieroi fragili e vinti, soli e impossibilitati ad instaurare una qualsiasi relazione al di fuori delle aspirazioni legate alla carriera. I Dardenne mostrano il trauma di una società chiusa in sé stessa, asfissiata da un’apatia della coscienza che, quando superata, rende consapevoli di una situazione umana sempre più disumana.
Il nome, oggetto della ricerca, è l’essere persona di chi muore lontano dai nostri occhi ma vicino a noi. Il senso di colpa di Jenni è presenza viva della morte di chi non è, formalmente, colpevole. «Ma allora perché non riusciamo a pensare ad altro?» dice la protagonista in un bellissimo momento della pellicola. È questa la domanda, terribile e necessaria, che La ragazza senza nome regala allo spettatore. Chi è colpevole? Siamo colpevoli noi, che viviamo in una società del consumo, che è anche sfruttamento delle esistenze degli altri per gli interessi individuali? La forza dell’opera è racchiusa in questi spunti, a cui non viene mai data risposta, ma che interpellano ogni uomo a tal punto da farlo entrare in contatto empatico con i protagonisti. Senza bisogno di 3D o di effetti speciali, i Dardenne immergono nella vita vera, in un neorealismo moderno che è pura e straordinaria potenza cinematografica.
Consigliato a: i politici e a coloro che hanno a cuore le sfide della contemporaneità.
Gabriele Lingiardi

Rating_Cineavatar_4-5