
C’è una sottile angoscia che pervade la visione de Il ragazzo invisibile – Seconda generazione. È un sentimento legato all’esecuzione di un’idea di cinema tutta italiana, figlia di un decennio in cui il ‘meglio che niente’ è stato il principio guida di centinaia di produzioni. Oggi tutto questo è insufficiente.
Gabriele Salvatores ha sicuramente la dote invidiabile del coraggio: cercare di esplorare i nuovi generi contemporanei, dopo avere impostato la propria statura registica nel dialogo con un pubblico diverso da quello a cui si rivolge ora, non è da tutti. Ben venga anche il principio di serialità all’interno del cinema italiano: che lo si voglia o meno è con questo che il mercato deve fare i conti oggi. Dispiace non assecondare progetti simili, che vanno sostenuti perché sembrano intuire ciò che il cinema commerciale richiede oggi. Eppure è impossibile non guardare, dopo questo film, all’industria dello spettacolo italiana con paura. Perché Il ragazzo invisibile 2 è un lungometraggio che impara dagli errori del primo capitolo e ignora completamente l’esistenza di un film come Lo chiamavano Jeeg Robot ma anche il modo innovativo di sviluppare delle saghe come in Smetto quando voglio.
Le avventure di Michele, un giovane speciale dotato di superpoteri, e della sua famiglia, sono ambientate in Europa, ma non hanno nulla che richiami le caratteristiche del cinema tricolore, eccezione fatta per la messa in scena posta al livello della realtà, ma oltremodo statica. Mainetti dimostrava invece che è possibile realizzare un cinema di sangue, in cui le città (in quel caso Roma) hanno una parte fondamentale nella costruzione dell’eroe così come l’hanno i grattaceli di New York in Spiderman. E invece, sin dai titoli di testa a fumetti, che tanto richiamano la trilogia dell’Arrampicamuri di Sam Raimi, Salvatores sembra volere competere con la ‘coolness’ statunitense (mi si perdoni il brutto anglicismo). Il risultato è uno sconcertante “vorrei ma non posso“, per ragioni di budget, esperienza delle maestranze e sensibilità produttiva.
