DOUBLES VIES, la recensione del film di Olivier Assayas

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Doubles Vies
#11 Il gioco delle coppie di Olivier Assayas
doubles vies recensione
Juliette Binoche e Guillaume Canet in una scena di Doubles Vies, in concorso a Venezia
Presentato in concorso alla 75. Mostra del Cinema di Venezia, Double Vies rappresenta uno scorcio di contemporaneità che mette in scena le doppie vite dei protagonisti.
La storia narrata da Olivier Assayas è incentrata su un gruppo di persone la cui vita, in un modo o nell’altro, ruota attorno all’arte. Alain (Guillaume Canet) è a capo di un’antica e importante casa editrice parigina, amico ed editore di Léonard (Vincent Macaigne), uno scrittore capace solo di narrare storie autobiografiche sui suoi amori finiti. Entrambi gli uomini sono sposati. Il primo con Selene (Juliette Binoche), un’attrice infelice di una fiction poliziesca. Il secondo con Valérie (Nora Hamzawi), assistente di un noto politico. Ognuno di loro ha però una doppia vita. Alain ha una relazione con Laura (Christa Theret), una giovane imprenditrice nell’editoria; Léonard con Selene. Le doppie vite, accumulate dagli interessi artistici e letterari, vengono messe a nudo dal film grazie a un’alternarsi di sequenze di cene o incontri tra amici e conoscenti, meeting e viaggi di lavoro.
Doubles Vies
Guillaume Canet è Alain in Doubles Vies
Double Vies gioca su due piani paralleli, proprio come la duplicità delle vite immortalate da Assayas. Da una parte il film svela i segreti dei rapporti coniugali e quotidiani dei protagonisti, che appaiono come personaggi a tutto tondo, concreti e ben modellati; dall’altra calca un terreno precario e attuale, quello dell’editoria digitale e della storia dei libri, con il loro passato e il loro futuro. L’argomento è al centro del dibattito fin dal principio, con l’incontro di lavoro tra Alain e Léonard a proposito del suo ultimo scritto. Lo sviluppo segue l’evoluzione che la questione sta subendo, soprattutto negli ultimi anni. E se fino a poco tempo fa la carta stampata era il mezzo con cui poter leggere i racconti legati al nostro immaginario, oggi è diventato solito usare e-book e reader informatici, che hanno cambiato il metodo di fruizione del ‘medium’ e traslato anche la comunicazione, le forme di scrittura, la commercializzazione, e i costi di produzione.
Ecco perciò che le “doppie vie” della questione vengono portate in scena dal regista, che ne crea il fulcro e l’unione, generando una similitudine con la parola, sia scritta sia enunciata.
I protagonisti si mettono a nudo con le loro speranze e debolezze. In principio vengono ritratti come soggetti positivi, ma poco per volta svelano allo spettatore i loro segreti, evidenziando il lato oscuro che è insito nella natura umana. Sotto questa luce Valérie, che inizialmente appare la più polemica e negativa, si stacca dagli altri protagonisti, sia per quanto riguarda il carattere sia per gli interessi, e risulta per contrasto la più trasparente e coerente. Il cast scelto da Assayas è perfettamente azzeccato e fra tutti spicca una splendida Juliette Binoche, capace di prendersi in giro e dialogare con le spettatore. Il regista francese mescola diversi registri, dal comico al drammatico, citando nel corso della storia diversi libri e film tra cui Il nastro bianco di Haneke, Il Gattopardo e Ocean’s Twelve (in una divertente gag autoreferenziale su Juliette Binoche, proprio come fu per Julia Roberts nel film di Soderbergh).
Doubles Vies
Vincent Macaigne interpreta lo scrittore Léonard in Doubles Vies
Olivier Assayas esplora un territorio insidioso e non semplice da trattare per evidenziare lo spaccato della realtà attuale, piena di complessità e contraddizioni. Il regista decide di farlo in modo lineare, con una fotografia dai toni caldi e vividi, e puntando sulla verbosità, sull’uso e la potenza comunicativa della parola, senza mai sfiorare la polemica. Doubles Vies è una lunga meditazione, sapiente e calibrata ma anche divertente e acuta, sulla nostra epoca. Un film che butta un amo allo spettatore, il quale, uscendo dalla sala, non può che riflettere su quanto visto e su quanto il ragionamento del regista –  una semplice chiacchierata tra amici – sia una constatazione, non una critica, sulle doppie vite che accomunano le persone, che pervadono e cambiano gli individui, così come accade ai protagonisti e ai loro libri.