bingo recensione film daniel rezende
Il folle e scatenato clown Bingo di Vladimir Brichta
Che senso ha essere l’idolo di milioni di ragazzini, la star più seguita di un’intero Paese, essere presente su zaini, torte e magliette e vincere premi se nessuno conosce il vostro volto o il vostro nome?
E’ l’assunto di partenza di Bingo, esordio alla regia di Daniel Rezende. Montatore candidato all’Oscar per City Of God e con un curriculum che vanta i due bellissimi Tropa De Elite di José Padilha, Rezende sceglie una storia moderatamente vera per passare direttamente dietro alla cinepresa.
Lo fa affidandosi al talento di uno splendido Vladimir Brichta, che impersona il protagonista con totale trasporto e dona al clown Bingo la perfetta, folle intensità.
Abbiamo visto Bingo durante l’appuntamento romano di Agenda Brasil.

IL RE DELLA MATTINA

Vagamente basato sulla storia di Arlindo Barreto e sul programma Bozo Il Clown, Bingo racconta di un attore di commedie sexy (figlio di una ex diva delle telenovelas) che cerca l’occasione per far decollare la sua carriera, attratto dalla luce dei riflettori e dal mondo dello show business.
Augusto Mendes si barcamena tra un matrimonio fallito, la madre ossessionata dalla famosa “ultima occasione” e il figlio che lo vede come un eroe.
Licenziato dal set di una telenovela della più importante emittente brasiliana, Augusto grida vendetta e si imbatte nei provini per un programma della rete rivale. Partecipa e ottiene la parte dando vita alla versione brasiliana di un noto programma per bambini molto in voga negli USA. Il ruolo di Bingo il clown è suo.
Tra la complicità col primo cameraman e gli scontri con la regista e il produttore americano, Augusto improvvisa, stravolge il copione e la sua irriverente personalità porta il programma a un successo enorme e inaspettato. Bingo diventa una celebrità vera e propria, ma qui sta il nodo della questione: Augusto non può, per contratto, rivelare di essere lui dietro la maschera.
Inizia così una serie di crisi che travolgerà la vita dell’attore. Il figlio (Caua Martins) che si vede trascurato da un padre ormai assente e pronto invece ad assecondare orde di bambini sconosciuti; la sofferenza di essere una superstar che nessuno riconosce; il rapporto conflittuale con la regista Lùcia (Leandra Leal) e quello con la madre (Ana Lùcia Torre) afflitta dal tramonto della sua carriera, la sete di vendetta verso chi non lo ha valorizzato prima. La dipendenza dalla droga.

bingo

SOGNI

Con sequenze oniriche perfettamente inserite nel tessuto della trama e le surreali performance del clown all’interno del programma, Bingo tiene incollato lo lo spettatore tra i tanti alti e bassi della vicenda.
Il lento e inesorabile sprofondare del protagonista nel baratro dell’alienazione è ben simboleggiato dal rapporto col figlio, subito messo in primo piano fin dalle prime sequenze.
Rezende confeziona un film d’esordio non solo convincente, ma genuinamente sorprendente. Tutto funziona e si incastra alla perfezione. L’utilizzo di alcuni piani sequenza di largo respiro, oggi tanto abusati, qui rendono più immersiva la narrazione, altrimenti quasi completamente contenuta in spazi ristretti e spesso poco illuminati.
Bingo è insomma interessante e intrigante, in cui brillano le stelle di Brichta e dell’esordiente (e promettente) Rezende.
Se deciderete di abbracciarne la follia, vorrete rivederlo ancora e ancora…