andrea maccarri
Absistite Luco di Andrea Maccarri
Come dice l’unico vero guru che abbia mai cambiato la vita a delle persone: “Fare o non fare, non c’è provare”.
Stiamo parlando ovviamente del maestro Yoda, la stella polare di molte esistenze. Quando si tratta di cinema i suoi consigli andrebbero seguiti più che mai. Alzi la mano chi non ha mai immaginato almeno una volta nella vita di essere a capo di una grande produzione hollywoodiana. E chi non ha almeno un amico che, una volta nella vita, ha espresso questo desiderio? Il cinema, come arte dallo stampo nazional-popolare, ha in sé un grande paradosso: è un mezzo espressivo che si rivolge a tutti e che in molti vorrebbero fare proprio ma, a causa della sua natura complessa e multimediale, in pochi possono gestire.
In Italia vengono prodotti più di 300 film ogni anno e solo una manciata di questi vede la sala. Absistite Luco, diretto da Andrea Maccarri, è uno di quei piccoli film scomparsi, che nasce con la costrizione di dover essere (paradossalmente) più elitario del più involuto Lav Diaz, con la consapevolezza che in pochi potranno vederlo. È il mondo del micro budget, delle produzioni in proprio, del tempo libero investito per creare qualcosa per sé, più che per il pubblico. Sono prodotti che appaiono imperfetti, naÏf per vocazione, ma con grandi ambizioni. 
Ed ecco che ritorna lui, il maestro Jedi: “fare o non fare…” sì va bene, abbiamo capito. E ha ragione. Perché Absistite Luco è un progetto che ha affrontato difficoltà che in pochi hanno conosciuto. Non di problemi che può avere avuto Warner Bros. dopo l’addio di Zack Snyder, sia chiaro. Gli ostacoli sono di tutt’altra natura: sono le corse contro il tempo, le raccolte fondi per potere acquisire l’attrezzatura, la faticosa ricerca delle location, la scrittura di una storia che non sia limitata dal budget ma che permetta a chi la racconta di non finire ricoperto dai debiti. Signore e signori, in Absistite Luco ci sono persone che hanno fatto. In questa Italia pavida e pigra, il fatto che un film del genere esista gli rende onore. 
Absistite Luco
La locandina del film Absistite Luco di Andrea Maccarri
Il mediometraggio, come dicevo, richiede allo spettatore una buona dose di simpatia e di concordanza d’intenti. Non lo si può analizzare come un normale film: la storia non esplode come vorrebbe, tecnicamente alcuni difetti sono attribuibili ai mezzi a disposizione, tempi ristretti per trovare l’alchimia giusta tra attoriali magari per via dell’impossibilità di condurre settimane intere di prove. Eppure, una volta superato questo muro, è impossibile non innamorarsi proprio dei difetti di Absistite Luco e non erigerlo a sommo cult movie istantaneo. Tutto questo è possibile perché il saggio occhio di Andrea Maccarri e la sua invidiabile umiltà riescono a leggere già in fase di scrittura quello che è il film e aggiungono alle avventure dei ragazzi, persi nel bosco maledetto, un’ (auto)ironia azzeccatissima. Il loro viaggio alla ricerca delle streghe è condito da qualche immagine orrorifica (notevole il tentativo di creare effetti speciali amatoriali) e dal gusto dell’esplorazione di spazi pieni, ma per questo vuoti, come la fitta selva (come quella del Selva Nera Film Festival 2018, in cui Absistite Luco verrà proiettato fuori concorso). È un film nato da ore e ore di assimilazione di classici del genere. I dialoghi guardano all’eloquio americano, così come la struttura della storia, tutto sommato molto solida e apprezzabilmente compatta. Là dove The Blair With Project moriva nella sua funerea serietà, Absistite Luco vive nel citazionismo divertito, nella pura gioia di fare cinema. 
E fu così che il maestro Yoda sorrise. Fare cinema è una cosa bella, è questo il vero messaggio del film, la vera ragione per cui è venuto al mondo. Maccarri gode nel fare quello che ama e si vede, afferma con forza che, anche dopo l’invenzione dei commenti stronzi nel web, si può trovare il coraggio di sbattersene (scusate i francesismi) e fare un’opera per sé, per essere felici con se stessi, e non per compiacere il pubblico.
Il cinema è anche questo: ingenua sincerità, appariscente imperfezione, ma anche autentico entusiasmo per questa meravigliosa forma d’arte. Loro non hanno provato, hanno fatto. E questo è un grande merito.